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Londra, capitale degli interessi russi a caccia di «prove certe» su Mosca

Non solo spie. In Gran Bretagna oligarchi e l'ombra di McMafia

Londra, capitale degli interessi russi a caccia di «prove certe» su Mosca

«Se si tratta di un caso sponsorizzato da uno Stato, faremo tutto ciò che è giusto e appropriato», dice la premier Theresa May. Ma ora bisogna capire: «Qualunque attribuzione faremo in futuro su questo crimine spietato, dovremo essere certi di avere tutte le prove. È cruciale mantenere i nervi saldi e basarci sui fatti, non sulle voci», spiega la ministra dell'Interno inglese Amber Rudd mentre l'ex spia del Kgb Sergei Skripal e la figlia Yulia lottano ancora tra la vita e la morte in un ospedale di Salisbury dopo essere stati «presi di mira deliberatamente» (non si sa ancora da quali mandanti) ed esposti a un raro gas nervino non ancora identificato (pare non sia né Sarin né VX, i più noti). Intanto migliora il poliziotto che li ha soccorsi: «Ora parla ed è vigile». «Quando avremo tutte le prove di quello che è accaduto, se è il caso, lo attribuiremo a qualcuno», insiste la ministra, mostrando maggiore cautela di Boris Johnson, il responsabile degli Esteri che aveva subito minacciato il boicottaggio dei Mondiali di Calcio in Russia.

E varie questioni vanno chiarite, a cominciare dall'origine del gas nervino. Una delle ipotesi, oltre a quella più ovvia di un avvelenamento tramite il cibo, è che il gas possa essere stato importato proprio da Yulia, la figlia di 33 anni di Skripal, arrivata da Mosca nel Regno Unito una settimana fa portando con sé un «regalo offerto da alcuni amici». Intanto il Telegraph riferisce di uno strano intreccio fra l'ex colonnello del Kgb e la società di un'ex spia che ha redatto un dossier anti-Trump, come se ci fosse anche una pista che porterebbe al Russiagate americano.

Intrecci che adesso andranno approfonditi, nel Paese che più di ogni altro in Europa è diventato il rifugio non solo di ex agenti segreti di Mosca ma anche di vari oligarchi, alcuni vicini al presidente Vladimir Putin, altri considerati oppositori. E questo nonostante la storica avversione diplomatica tra Gran Bretagna e Russia, riemersa proprio dopo l'avvelenamento dell'ex spia Litvinenko in un sushi bar di Londra. E rilanciata da Theresa May a novembre, quando la premier ha puntato il dito su probabili «interferenze» di Mosca sul voto inglese (Brexit inclusa).

Nella sfera di influenza del nuovo zar Putin c'è Roman Abramovich, che dal 2000 ha trasferito famiglia e patrimonio in Gran Bretagna e che con l'acquisizione del Chelsea, squadra della Premier League, è diventato anche uno dei re del calcio inglese. I rapporti con Putin sono ottimi. Diversa la storia di Alexander Lebedev, ex agente del Kgb, oggi proprietario con il figlio Evgeny dei quotidiani Independent e London Evening Standard, storicamente considerato un oppositore del nuovo zar ma i cui rapporti col Cremlino sono altalenanti e sono parecchio migliorati da quando l'oligarca ha ceduto le quote di Novaya Gazeta, il giornale anti-Putin.

È il paradosso di Londra, calamita dei Big russi e che ora rivive una forte tensione con Mosca. Nell'ambito della lotta contro la McMafia (dal nome della serie della Bbc), il governo ha annunciato a febbraio che gli oligarchi sospettati di corruzione dovranno dare conto dell'origine dei propri beni e del loro stile di vita.

L'obiettivo? Arginare il riciclaggio di denaro sporco che ha nella capitale inglese una delle sue piazze principali.

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