Politica

Londra e Berlino, due secoli di odio-amore

Persino con il primo Hitler gli inglesi non hanno smesso di ammirare i tedeschi

Stenio Solinas

Gli inglesi odiano i francesi perché non li capiscono, dalla lingua alla cucina per finire alla moda, e quindi li disprezzano. Rispettano invece i tedeschi, perché dalla birra all'industria alla natura alla noia, gli somigliano, e quindi li temono.

È una storia che affonda nel passato. La regina Vittoria, per metà tedesca, aveva sposato il proprio cugino tedesco di nascita, Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha: il Kaiser Guglielmo II era suo nipote, il Kaiser Federico III suo genero. Alla vigilia della Grande Guerra, il 28 per cento degli studenti tedeschi di Oxford proveniva dalla nobiltà. C'erano il figlio del ministro prussiano principe Hoenlohe, del contrammiraglio von Heeringen, del cancelliere Hollwer, circoli studenteschi come l'Hannover Club, la German Literary Society, l'Anglo-German Society e insomma tutto testimoniava la Wahlverswandtschaft, l'affinità elettiva, tra Geist tedesco e Kultur oxoniana. Nel 1914, la maggior parte dei personaggi insigniti delle lauree honoris causa a Oxford erano tedeschi e sette anni prima l'onorificenza era andata allo stesso Kaiser: il suo ritratto con la consegna dell'ambito riconoscimento lo hanno però riappeso alle pareti soltanto negli anni Ottanta del secolo scorso. Le più belle poesie di guerra inglesi su quel conflitto le scriverà un poeta che di nome faceva Siegfried e di cognome Sassoon, la più commovente testimonianza inglese sulle trincee la scriverà uno che si chiamava Robert Ranke Graves ed era bisnipote dello storico Leopold von Ranke.

Nella germanofilia anglosassone, la musica aveva la sua importanza: sempre nel 1914, la stagione primaverile del Covent Gaden aveva in cartellone 17 rappresentazioni del Parsifal. Non è esagerato dire che, culturalmente parlando, l'élite colta britannica si sentisse in debito di riconoscenza con la controparte tedesca che del resto, come testimoniano Le considerazioni di un impolitico scritte da Thomas Mann, si considerava depositaria di una Kultur rispetto a quella che oltre-Manica era vista come una Zivilitation: materialistica, va da sé, dove di spirituale non c'era nulla.

I legami dinastici e le affinità aristocratiche andavano di pari passo con quelle delle élite finanziarie: i Rothschild, come gli Schroder, gli Hunt, i Kleinworth erano illustre famiglie della City di origini tedesche.

La Prima guerra mondiale mise fine a tutto questo: se fosse inevitabile o meno è materia su cui ancora oggi gli storici si accapigliano. Negli anni Venti che le fecero seguito, i rapporti comunque ripresero e ancora subito dopo la presa del potere da parte di Hitler, nel Regno Unito ci sarà una corrente di pensiero politica, ideologica ed economica che sosteneva come in fondo fra inglesi e tedeschi fosse più possibile un accordo che non con gli spregevoli francesi. Specularmente, anche il volo di Rudolph Hess in Inghilterra parte di quella corrente, minoritaria, certo, ma presente.

Quelle di adesso sono le scaramucce, punture di spillo economiche, soprassalti di orgoglio sciovinista fra una ex grande potenza imperiale e una nuova potenza economica continentale. Del resto, l'idea di un'Europa unita a Londra non è mai piaciuta e tutta la sua storia lo dimostra. Dopo essersi reciprocamente scannati in due guerre mondiali, ambedue le nazioni sanno che quelli che erano i sogni del passato non torneranno più. Una insegue un suo rapporto privilegiato on gli Stati Uniti, che è in realtà sudditanza politico-economica, l'altra fatica a comprendere la differenza fra una Germania europea e un'Europa tedesca: ha il capitale economico, ma non la grandezza ideale per un compito simile.

Prosit.

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