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L'opposizione incartata sulle due mozioni. I centristi si sfilano, l'imbarazzo dei grillini

I dubbi di Iv e Azione: "Errore andare dietro l'inchiesta dei pm sulla Santanchè"

L'opposizione incartata sulle due mozioni. I centristi si sfilano, l'imbarazzo dei grillini

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L'opposizione incartata sulle due mozioni. I centristi si sfilano, l'imbarazzo dei grillini

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Opposizioni a geometria variabile, in marcia verso una sfiducia (anzi due) che con ogni probabilità non ci sarà.

Le mozioni ad personam contro Daniela Santanchè e Matteo Salvini hanno genesi diverse: la prima, concepita e fatta calendarizzare dai Cinque Stelle (che già ne avevano presentata una analoga in Senato l'estate scorsa, ovviamente bocciata), è tutta ispirata alle inchieste giudiziarie sulla titolare del Turismo. È stata subito appoggiata dal Pd, che aveva a sua volta promosso un ordine del giorno analogo chiedendo le dimissioni di Santanchè a causa dell'indagine per truffa nell'utilizzo dei fondi Covid, relativa a una società riconducibile alla ministra. Hanno aderito +Europa, i rossoverdi di Avs ma non Italia viva di Matteo Renzi, mentre Azione si è detta disponibile a votarla ma con vari dissensi. «Io mozioni di sfiducia basate sulle inchieste giudiziarie non le voto - dice Enrico Costa - Ci sono tanti argomenti per criticare Santanchè e chiederne le dimissioni, ma le scorciatoie giudiziarie lasciamole a Pd e 5S». Stessa posizione Mariastella Gelmini: «Sono garantista, e credo che una mozione di sfiducia che nasce da una vicenda giudiziaria sia un precedente pericoloso». Anche i renziani si dissociano: «Siamo garantisti e non ci sostituiamo ai tribunali», dice Davide Faraone. Daniela Santanchè, dal canto suo, si dice «zero preoccupata» dal voto che la riguarda: «L'opposizione fa giustamente la sua parte. Ma così rende più forte la maggioranza».

Tutta politica, invece, la motivazione della richiesta di dimissioni di Salvini, lanciata da Carlo Calenda: nel mirino c'è l'accordo politico sottoscritto nel 2017 dalla Lega col partito di Putin, Russia Unita «e mai ufficialmente disdetto, neppure dopo l'invasione dell'Ucraina», come spiega Calenda. Ieri il Carroccio ha preso le distanze da quell'intesa, ma secondo il capogruppo di Azione Matteo Richetti la tardiva smentita non cambia nulla: «Quell'accordo conteneva una clausola automatica di rinnovo, abbiamo chiesto a Salvini il documento con cui rescinde l'accordo ma evidentemente non esiste. Invece di minimizzare ce lo facciano vedere». Conferma dal Pd Tatjana Rojc: «Non è solo questione di accordi col partito di Putin, ma di un atteggiamento che dura da anni e ha avuto il suo culmine quando Salvini ha riconosciuto la regolarità del voto in Russia». A favore della mozione di sfiducia contro il vicepremier si sono pronunciati tutti i partiti di opposizione, inclusi i Cinque Stelle. Con qualche imbarazzo e numerosi mal di pancia interni, dovuti al fatto che lo scambio di amorosi sensi con la Russia di Putin è ben radicato anche nel partito di Conte, che nel 2017 (come testimoniato dalle parole di alti dirigenti del partito putiniano) stava lavorando ad un accordo analogo a quello di Salvini. Poi, durante il Conte 2, ci fu - concordata dal premier con il satrapo russo in persona - l'opacissima missione russa sul suolo italiano, in pieno lockdown, con militari e presunti spioni del Cremlino che scorrazzavano liberamente per il paese. E M5s ha votato in quasi ogni occasione contro gli aiuti all'Ucraina e si è persino rifiutato di votare un documento del Parlamento europeo per condannare l'avvelenamento di Navalny, poi ucciso per ordine di Putin nel lager siberiano.

Ma sulla mozione anti-Salvini Conte non poteva certo tirarsi indietro, e il partito si adegua.

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