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Via l'ostacolo all'eventuale corsa al Colle come nel 2013: la Rimborsopoli rossa non è reato

Via l'ostacolo all'eventuale corsa al Colle come nel 2013: la Rimborsopoli rossa non è reato

La giustizia a orologeria, per lui, funziona al contrario. Magicamente. Per gli altri politici, di solito, è una iattura. Per Sergio Chiamparino, invece, spazza via gli eventuali problemi. È accaduto giusto un anno fa, quando la scomoda inchiesta sulla mancata riscossione degli affitti dei Murazzi graziò con l'archiviazione soltanto lui, indagato a sua insaputa per abuso in atti d'ufficio, consentendogli di correre senza ombra alcuna per la poltrona di governatore del Piemonte, prontamente liberata dai giudici del Tar che diedero torto a Cota e altrettanto prontamente conquistata da lui. E in un certo senso accade anche oggi, che Chiamparino non è in pole position per la corsa al Quirinale e però forse qualche chance di salire al Colle ce l'avrebbe. Il gup di Torino, infatti, ha assolto i nove consiglieri regionali coinvolti nella seconda tranche della cosiddetta «Rimborsopoli» per le spese pazze dei gruppi in Regione Piemonte. Il «Chiampa» non era coinvolto. Ma dentro c'erano due suoi assessori, uno dei quali anche vicepresidente della sua giunta, il segretario regionale e capogruppo in Regione del Pd, un parlamentare democrat. Insomma, una bella fetta di partito piemontese. E il «liberi tutti» che arriva giusto adesso è un aiutino niente male. Elimina infatti ogni eventuale problema, nel caso in cui sul nome di Chiamparino si verificasse ancora una convergenza in direzione Colle.

Non è fantapolitica. E nemmeno un'ipotesi peregrina, come insegna la storia recente. È aprile, anno di grazia 2013, l'inizio delle votazioni per eleggere il nuovo presidente della Repubblica che di flop in flop e di bruciatura in bruciatura - da Franco Marini a Romano Prodi - portarono alla fine all'incoronazione bis per Napolitano. Il nome di Chiamparino per il Colle viene fuori un po' a sorpresa nella prima giornata di votazioni. Anzi, proprio alla prima votazione, in chiave anti-Marini. A tributare a Chiamparino 41 voti sono i renziani, che si opponevano alla designazione del segretario della Cisl. Il vero trionfo per l'ex sindaco di Torino arriva però alla seconda votazione, quando nel gioco di sgambetti e veti incrociati per lui di voti ne arrivano 90, ben più di quelli a disposizione dei Matteo-boys. Come finì allora è ben noto. Liti, scontri e poi il Re Giorgio bis. Adesso, due anni dopo, quella strana congiuntura sul nome di Chiamparino potrebbe riproporsi. Ed eliminare uno scheletro giudiziario imbarazzante per il Pd piemontese non è comunque un male. Né per Chiamparino né per i democratici.

La decisione del giudice di Torino, attesa perché già la procura aveva chiesto il proscioglimento dei nove indagati della seconda tranche - sei del centrosinistra e tre del centrodestra - è arrivata ieri. Interessante la motivazione, «perché il fatto non costituisce reato». Traduzione: il fatto c'è. Quelle cene contestate non erano rimborsabili con soldi pubblici. Solo che da parte dei nove consiglieri non c'è stato alcun dolo. Di conseguenza, tutti assolti.

La rimborsopoli, se di sinistra, non è reato.

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