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L'ovetto delle sorprese ha detto addio al suo papà

Tutto nacque da un desiderio: «Diamo ai bambini la Pasqua tutti i giorni». E William Salice fece il miracolo

L'ovetto delle sorprese ha detto addio al suo papà

È nato prima l'ovetto Kinder o la gallina, vale a dire il suo inventore? Naturalmente il suo inventore, William Salice, nato il 18 luglio del 1933 nel Pavese, in un paese chiamato Casei Gerola, e morto l'altra sera per un ictus in una clinica di Pavia anche in questo caso con largo anticipo sulle fortune apparentemente immortali di una delle sue tante creature.

Salice è un uomo da titoli di coda, uno di quegli uomini oscuri e geniali la cui grandezza si scopre solo dopo la parola fine. Chi conosceva il suo nome tra i milioni di consumatori delle sue creature? Chi sapeva dare la risposta giusta alla domanda a bocca piena che pure molti bambini avranno posto alla mamma: «Ma il Kinder Sorpresa chi l'ha inventato?», ricevendone quasi sempre la frettolosa risposta: «Sbrigati, Matteo». Eppure è stato uno dei più grandi dispensatori di capricci accontentati a basso prezzo.

Dal 1960 lavorava alla Ferrero, Michele in persona lo aveva voluto tra i suoi collaboratori avendone intuito il talento pur essendo un qualsiasi rappresentante. E lui, grato per tanto onore, lo ricambiava attribuendogli per sovrammercati i suoi propri meriti, come quello di aver inventato l'ovetto di cioccolato quotidiano, con dentro una piccola sorpresa collezionabile, versione tascabile e autunno-inverno-primavera (estate no, ché il cioccolato si scioglie) del sogno pasquale di ogni bambino, l'uovo dolce con dentro un oggetto. «Diamo ai bambini la Pasqua tutti i giorni», leggenda vuole abbia detto Michele Ferrero al suo staff in un'Italia più povera e più bella di oggi, nella quale ci si inventavano sogni casarecci facendo le prove per il consumismo ancora di là da venire. A questa intuizione si attribuisce la nascita dell'ovetto, e anche un libro scritto qualche anno da Gigi Padovani lo testimonia. Ma la verità è che l'idea fu concepita e realizzata dal modesto William, con quel suo nome da gringo della Bassa.

Era un prodotto destinato a fare epoca. Più della golosità poterono gli oggettini nascosti dentro, appartenenti a serie da collezione. Dapprincipio furono i Puffi che ancora affollano piccole mensole di legno in case di adolescenti ormai quarantenni. Poi seguirono piccole dinastie dai nomi paciocconamente immaginifici come Magimeduse, Coccobulli, Tartallegre, Squalibabà e gli imperdibili Gnomburloni, oltre a collezioni legate a film e cartoon tv come le Winx (ricordate? Alcuni padri al solo ricordarle prenotano una seduta di psicoterapia), Shrek, Spongebob, Doraemon, Barbie.

Salice sapeva di essere un uomo fortunato. Un privilegiato che però non dimenticava mai da dove era partito. Lo è chi ha la fortuna di lavorare per 46 anni con il signor Nutella. Lo è chi regala buonumore a folle di bambini. Lo è chi mette lo zampino in prodotti icona come i Pocket Coffee e i Ferrero Rocher, con la sua schiera di ambasciatori golosi. E come gli uomini fortunati e consapevoli aveva deciso di espiare diventando tifoso dell'Inter, la cui sciarpa lo ha avvolto fino all'ultimo, e, dopo la pensione arrivata nel 2007, a 74 anni, aveva scelto di restituire qualcosa di tutto ciò che aveva ottenuto creando una fondazione a Loano, nella Liguria da cui era stato adottato, che si proponeva di aiutare gli studenti dai 13 ai 18 anni più promettenti, invitati a frequentare un campus estivo nel quale imparare a esplorare i propri mezzi, a sviluppare i propri talenti anche grazie al tutoraggio di premi Nobel e capitani d'industria. «William non era un uomo dalle mezze misure - lo ricorda Renata Crotti, la sua più cara amica - e per me è stato un grande amico e un grande uomo. Era capace di contagiare chi lavorava con lui coinvolgendolo in maniera totalizzante. Un uomo che spiccava per l'affidabilità, la passione e la creatività di cui dava prova in ogni momento. Valori che ha generosamente trasmesso a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di stargli accanto».

Salice era il responsabile dello sviluppo prodotti. Doveva dare cioè forma commestibile e commercialmente spendibile a idee, parole, concetti spesso appena tratteggiati. In questo modo poteva davvero dirsi «l'anima dell'azienda», un'azienda peraltro nota in tutto il mondo. Con essa il giovane William si era «sposato» a 27 anni in un matrimonio che sarebbe durato quasi tutta la vita. «Se puoi sognarlo puoi farlo», amava dire agli adolescenti che si spingeva a considerare i figli mai avuti, cercando di indurli a seguire le proprie visioni.

Ma mezza Italia, forse due terzi, tutti coloro che hanno fino a cinquant'anni e che hanno almeno una volta realizzato il piccolo sogno di tenere in mano quell'ovetto avvolto di stagnola bianca e arancione, e di scuoterlo sentendo il rumore della sorpresa al suo interno e di farsi poi aiutare dal papà nella piccola opera di costruzione del giochino, sono figli di quest'uomo che non sarà il più celebre e il più pianto delle tante celebrità che ci hanno lasciato in questo necrologico 2016 che oggi muore a sua volta, ma che sicuramente più di David Bowie o di Mohammed Ali si è adoperato senza farsi troppo notare per tirare le guance di milioni di bambini a inventarsi un sorriso che prima non c'era.

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