Politica

Luigino "bifronte" su Autostrade: prima apre, poi minaccia la revoca

Il ministro: pronti a una soluzione. Ma dopo attacca la società

Luigino "bifronte" su Autostrade: prima apre, poi minaccia la revoca

Un Di Maio bifronte è quello che ieri ha affrontato il dossier Autostrade. Da una parte il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico che ha usato toni più concilianti nei confronti della controllata del gruppo Atlantia. «Siamo pronti a individuare una soluzione, a patto che Autostrade paghi e si faccia giustizia verso le vittime», ha dichiarato in un'intervista a Repubblica aggiungendo che «chi investe in Italia deve sapere che è il benvenuto, che supportiamo il business, ma nel massimo rispetto degli interessi nazionali». Tali dichiarazioni sembravano aprire a una soluzione «politica» della vicenda, magari alla corresponsione di un risarcimento che non comporti la revoca tout court delle concessioni autostradali come vendetta per il crollo del Ponte Morandi. Un'ipotesi cui Piazza Affari ha dato credito visto che Atlantia è stato il miglior titolo del Ftse Mib ieri chiudendo con un rialzo del 3,8% che gli ha consentito di recuperare la soglia psicologica dei 23 euro.

Nel pomeriggio al paludato ministro si è sostituito il capo politico dei Cinque stelle ancora schiumante rabbia nei confronti della famiglia di Ponzano Veneto. «Vi do la mia parola: la tragedia del Ponte Morandi non resterà impunita: ci sono tutti i presupposti per la risoluzione unilaterale della convenzione», ha ribadito su Facebook aggiungendo che «il Partito dei Benetton non ci fa paura, noi andiamo avanti per difendere gli interessi dei cittadini». Parole dure cui ha fatto seguito la consueta strumentalizzazione del «pianto di dolore dei familiari delle 43 persone che persero la vita in quel 14 agosto di un anno fa, una tragedia annunciata, la relazione dei tecnici del Mit è stata chiara e noi non restiamo in silenzio».

«Non mi piace l'atteggiamento irriverente di Autostrade, non mi piace quando qualcuno ricatta lo Stato», ha detto ieri Di Maio puntando il dito contro le repliche del concessionario alle sue intemerate. Se un ricatto è ipotizzabile in questa vicenda, non è quello delle lobby, ma è piuttosto quello di un ministro che parla a Borse aperte e lascia intravedere soluzioni di compromesso dopo aver minacciato punizioni esemplari.

Ecco, se si può trarre una lezione dalla vicenda, è proprio lo scarso rispetto delle istituzioni da parte di chi adesso le occupa.

Commenti