Economia

L'ultima speranza per Carige (e Bankitalia)

L'ultima speranza per Carige (e Bankitalia)

Visco, se ci sei batti un colpo. Adesso che, a dispetto di Renzi, è stato riconfermato al vertice di Bankitalia, è importante che il governatore dia subito qualche segnale voltando davvero pagina. È, infatti, sufficiente un flashback della vicenda Carige per chiedersi cosa abbiano fatto, in questi anni, la Vigilanza di Palazzo Koch e, successivamente, la Bce. Se, infatti, dopo aver tenuto a lungo il fiato sospeso, c'è stato, l'altro giorno, un sospiro di sollievo con il disco verde in extremis all'aumento di capitale della Carige per 558,1 milioni di euro accordato anche dal consorzio bancario (Credit Suisse, Deutsche Bank e Barclays), resta il fatto che si sia perso troppo tempo. Considerando che nel mondo bancario ci sono ancora molte incognite (l'ultimo caso riguarda il Credito Valtellinese), le vicende recenti dell'istituto di credito genovese sono particolarmente significative.

In effetti, i numeri della Carige parlano chiaro. Negli ultimi cinque anni la banca ligure ha bruciato capitali per quattro miliardi: se nel 2013 l'istituto valeva in Borsa circa 2 miliardi di euro, oggi le sue quotazioni raggiungono appena 124 milioni con una perdita che supera il 95%. E non poteva essere diversamente guardando in retrospettiva cosa è successo a Genova. Tutto è precipitato con la gestione di Giovanni Berneschi finito poi in carcere. Per la verità, il nuovo consiglio d'amministrazione, guidato da Cesare Castelbarco come presidente e da Piero Montani come amministratore delegato, aveva cercato prontamente di correre ai ripari varando prima un aumento da 800 e successivamente da 850 milioni, così come richiesto dalla Bce. Inoltre aveva raggiunto un accordo sindacale senza un'ora di sciopero per l'esodo di 600 dipendenti e aveva ceduto il ramo assicurativo al fondo d'investimento statunitense Apollo. Come conseguenza dell'ultima operazione, Castelbarco & C. si sono invece beccati successivamente una denuncia miliardaria con l'accusa di avere favorito la vendita agli americani.

Sempre nel 2016, in febbraio, lo stesso fondo Apollo aveva avanzato una sua proposta d'acquisto, attraverso un aumento di capitale, dichiarandosi pronto a rilevare anche i crediti deteriorati della banca con una iniezione di denaro complessiva per circa un miliardo e 250 milioni. Ma, nel frattempo, al timone dell'istituto ligure era arrivato un altro azionista di controllo, la famiglia Malacalza. Ergo: l'offerta Usa non viene neppure trattata con la controparte dal nuovo consiglio d'amministrazione dove Giuseppe Tesauro e Guido Bastianini erano, nel frattempo, subentrati a Castelbarco e Montani. A quel punto, tutto tace ed è, così, trascorso inutilmente un altro anno. La situazione è diventata sempre più allarmante e, per cercare di «correre ai ripari», è stato nuovamente cambiato l'amministratore delegato: al posto di Bastianini, è il turno di Paolo Fiorentino. Adesso, sul filo di lana, è arrivato l'accordo che ha sbloccato l'ennesimo aumento di capitale: stavolta, sarà di 560 milioni e partirà mercoledì prossimo.

Con la speranza che non sia davvero troppo tardi.

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