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L'unico autogoverno è solo quello della casta

L'unico autogoverno è solo quello della casta

C'è la giustizia. Ma fra kit, optional, gadget si fa fatica a distinguerla. Spese per le medaglie artistiche, per la palestra, per gli autisti e, naturalmente, per l'immancabile frigobar. Un profluvio di voci da cento vetrine, una lista sontuosa di capricci indispensabili, il diritto che si fa abitudine, routine, talvolta grandeur. Il Csm è la casa dei giudici italiani, la cabina di comando di uno dei tre poteri dello Stato, il tribunale che colpisce le toghe infedeli. Una sorta di tempio del dovere, un sacrario dello spirito che anima, o dovrebbe animare, i guardiani della legge, un metronomo della democrazia. Poi si scopre che, stringi stringi, in quelle stanze austere si disquisisce di nuovi arredi, lingotti, anzi lingottini, e poltrone in pelle. Sembra di scorrere il registro di una grande azienda, una multinazionale dal marketing aggressivo, o di rivedere un film alla Fantozzi, anche se si suppone che le poltrone non siano in pelle umana.

Ci saranno anche il beniamino e le piante ornamentali? Sì, basta spulciare i fogli e saltano fuori pure il pollice verde degli augusti consiglieri, insieme ai loro permessi di accesso alla Ztl del comune di Roma e alle attrezzature sportive. Tutto e il contrario di tutto: costi e sfizi, naturalmente indispensabili e necessari per la missione cui sono chiamati i membri del Consiglio. Le sedute, le riunioni, il plenum che già nel vocabolo ci immerge nel clima di una saga medievaleggiante. Ma poi gli abbonamenti a Sky, le cene di rappresentanza e tutto il mantello sgargiante dell'apparato. La prosa che divora la poesia, il corpo che scaccia l'anima, la casta che perpetua i suoi piccoli riti e si fa corporazione. Per carità, tutti gli organismi istituzionali vivono con i piedi ben piantati per terra e nessuno pretende che un gruppo di giudici, avvocati e politici si trasformi in una ascetica congrega di monaci trappisti. Forse quella giostra di rimborsi e note mostra solo la complessità della macchina, stretta fra mille esigenze e mille imprevisti, ma il puntiglio nell'enumerare le mille ragioni per cui si è aperto il portafoglio mette inevitabilmente a disagio. Un giorno si va dall'architetto, un'altra volta forse all'Ikea o in un centro commerciale e non può mancare, fra un piatto in trattoria e un calice al bar, un passaggio dal vivaista. Viva la trasparenza.

Il Csm ha un compito, da far tremare le vene dei polsi, e mille occupazioni. Si dirà che queste sottolineature sono retorica facile e comoda, però un pizzico di compostezza non guasterebbe. Ci si perde nel viavai di scontrini, tavolate e biglietti aerei. Soprattutto c'è il rischio che si accartocci anche la spada fiammante della giustizia. La virtù che è severa, sobria, sorda alle infinite tentazioni del mondo. Troppe luci, troppe distrazioni, troppi lustrini. Non saranno sprechi, qualche volta solo il copione standard per onorare l'etichetta e il galateo, ma questi bilanci tutti coriandoli sono anche lessicalmente uno sfregio.

E una delusione per i milioni di italiani che si avventurano, fra piccole umiliazioni e grandi inefficienze, nelle aule dei nostri tribunali.

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