Cronache

Un lupo sul monte dei ciclisti

Pensavano che a far stragi tra gli ovili fosse un branco di cani. Invece sul Mortirolo c'è un animale che non ci dovrebbe essere

Un lupo sul monte dei ciclisti

Questa volta non ci sono più dubbi. Chi affermava si trattasse di un branco di cani rinselvatichiti e basta tornerà a casa con le pive nel sacco. E chi malignava che qualche bicchiere di troppo avesse mandato in confusione l'osservatore, taccia, perché ora sappiamo che sua maestà il lupo non è una leggenda, ma una realtà che riguarda anche il Mortirolo, provincia di Sondrio, montagna quasi sacra per gli amanti della natura e per gli appassionati di ciclismo. Le sue strade strette sono state percorse, in più occasioni, durante il Giro d'Italia, con imprese entrate nella leggenda, come la fuga solitaria di Pantani nel 1994. A ricordo del Pirata, rimane una scultura di Alberto Pasqual, posata a «Plaz de l'acqua», nel 2006. Il campione romagnolo è raffigurato durante uno scatto, con le mani basse sul manubrio, voltato a scrutare gli avversari staccati.
Oltre alla leggenda del Giro ora il Mortirolo può vantare la realtà del lupo. Le fotografie sono inconfutabili e ci mostrano un esemplare che si staglia su una cresta in zona Cima Verde, non lontano da Varadega dove erano state trovate una ventina di pecore sbranate, qualcuno diceva da un branco di cani selvatici affamati, qualcun altro diceva invece proprio da lui, il re dei boschi montani. A fotografare l'esemplare è stato Italo Armanasco, agente della Polizia provinciale. Qualcuno ipotizza che il soggetto non sia solo, ma che il Mortirolo possa vantare un piccolo branco di lupi. Dopo che l'agente ha fotografato il lupo, a Varadega è stato effettuato un sopralluogo da parte della polizia provinciale, accompagnata dagli allevatori, che hanno subìto la perdita dei capi. Questo ha permesso di rinvenire pelo e feci che sono stati prontamente inviati agli opportuni laboratori per farli analizzare e stabilire con la più assoluta certezza la loro appartenenza al più nobile dei canidi.
Naturalmente, come sempre accade in questi casi, alla gioia e all'euforia degli amanti della natura, si accompagnano le preoccupazioni degli allevatori e di chi ha paura di un contatto ravvicinato «del terzo tipo» con il lupo. A dispetto della cattiva immagine che molte fiabe (da Cappuccetto Rosso a Pierino e il Lupo), molti racconti «horror» di licantropi e notti di luna piena e altrettante pellicole (Dr. Jekyll e Mr. Hyde) dove il lupo fa la parte dell'animale feroce, crudele e di aspetto orripilante, la realtà è che siamo in presenza di uno straordinario animale, la cui gerarchia sociale è complessa e sfaccettata e che ha una maledetta e giustificata paura dell'uomo. Il contatto fisico tra un gruppo di lupi e l'uomo è di estrema rarità, considerato anche il fatto che negli anni '70 questo canide era ridotto a circa 100 esemplari, confinati in Abruzzo e Calabria, e solo una campagna severa di protezione lo ha ricondotto a popolare tutto l'Appennino e parte delle Alpi occidentali con un numero ancora esiguo, ma stimabile oggi attorno ai mille esemplari.
Dagli albori dell'uomo poi, specie nei periodi di grande gelo, il pastore sa di dovere affrontare il lupo e, con la sua scaltrezza e i suoi cani addestrati alla difesa del gregge, non lo teme, perché si tratta di un avversario coraggioso ma leale.


Abbiamo il dovere morale di difenderlo, perché il vero lupo è quel «Two Socks» (Due calzini) amato da Balla coi Lupi e rispettato dai suoi amici indiani, ucciso senza pietà da un soldato borioso e ignorante di quella nuova America che avanzava schiacciando ogni forma di vita, sotto i suoi binari di ferro.

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