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M5s processa Di Maio "Faccia un passo indietro"

La fronda dei senatori. Giarrusso: «Lasci gli incarichi». E molti invocano l'intervento di Grillo

M5s processa Di Maio "Faccia un passo indietro"

A Roma è già calata la sera quando le divisioni dormienti all'interno dei gruppi parlamentari del M5s esplodono in una richiesta chiara, inequivocabile: «Luigi Di Maio deve fare un passo indietro».

L'ordine è arrivato durante una tesissima riunione dei senatori pentastellati, convocata per decidere il prossimo capogruppo a Palazzo Madama, sfociata in uno sfogatoio di tutte le frustrazioni grilline accumulate nell'ultimo anno di governo. A farsi portavoce di uno scontento che di volta in volta assume facce e connotati diversi è il senatore catanese Mario Michele Giarrusso, mai sospettato di dissidenza almeno fino all'indomani della formazione del governo giallorosso. «Se penso che Di Maio abbia troppi poteri? dice il senatore - sì, dovrebbe lasciare tutti gli incarichi. Non vedo quale esperienza possa vantare agli Esteri. Abbiamo perso 6 milioni di voti, siamo in minoranza in Consiglio dei ministri». Alcune ore prima Giarrusso aveva condiviso un articolo in cui attaccava la corrente dei fedelissimi del capo politico e il loro metodo di gestione del potere. Nel mirino dell'articolo «pescato» da Giarrusso su un blog, in particolare Vincenzo Spadafora, uomo vicino a Di Maio e neo ministro del governo M5s-Pd. Una riflessione di cui il vulcanico senatore dice di condividere il contenuto.

Tra le indiscrezioni confermate dal parlamentare siciliano anche l'ipotesi della formalizzazione di un documento per chiedere il passo indietro del leader stellato da tutti gli incarichi. Eventualità anticipata dal Giornale nelle scorse settimane, poi accantonata durante la fase di nomina della squadra di sottogoverno. Ma la fronda appare variegata. E se tra i nuovi ribelli viene annoverato anche l'ex ministro Danilo Toninelli, la furia di Giarrusso invece non risparmia nemmeno lui: «Toninelli deve raccontarci per filo e per segno come mai abbiamo mandato a quel paese 6 milioni di elettori. Finché non chiarisce su quanto successo nell'ultimo anno e mezzo, non abbiamo bisogno di ulteriori ambiguità». E la riflessione è in risposta ai rumors sulla candidatura di Toninelli come nuovo capogruppo in Senato. Situazione che si intreccia con le minacce, nemmeno molto velate, di far mancare il supporto al governo giallorosso nell'aula di Palazzo Madama: «Ci sono tanti colleghi che chiedono che I principi del M5s non vengano svenduti al momento del voto». Tra questi c'è sicuramente Gianluigi Paragone che ha già detto di voler rimanere nel Movimento finché non verrà buttato fuori. Nel frattempo continua anche la partita per la votazione dei capigruppo alla Camera. A Montecitorio si parla di Anna Macina e Sergio Battelli. Ma un deputato non esclude colpi di mano anche nella camera bassa per far aumentare la confusione interna: «Di sicuro ne usciranno altri di pretendenti», dice. Il senatore Nicola Morra ha twittato: «Se il M5s si confronta per alcuni media diventa in automatico lite e baruffa, mentre in verità è stato solo esercizio di democrazia». In ballo anche la modifica dello statuto M5s con l'introduzione di un direttorio di 10 persone elette. Proposta bocciata dai senatori vicini a Di Maio.

Tra cui Sergio Vaccaro che ha detto «Di Maio ci ha portato al 33%, siamo al suo fianco».

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