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Il M5s scarica Lannutti Non sarà lui a indagare sulla banca del figlio

L'annuncio di Di Maio dopo i niet di Pd e Iv: «Sulla commissione disposto al passo di lato»

Il M5s scarica Lannutti Non sarà lui a indagare sulla banca del figlio

La maggioranza giallorossa inciampa sulle banche. Il governo si spacca sull'elezione del presidente della commissione bicamerale d'inchiesta sugli istituti bancari. Il presunto conflitto d'interesse del candidato, Elio Lannutti, designato dai Cinque stelle, fa saltare l'accordo tra Pd-renziani e grillini. La Lega infila il dito nella piaga e si dichiara pronta a votare il senatore dei Cinque stelle. A chiudere lo scontro è Luigi Di Maio che a Porta a Porta annuncia il passo di lato di Lannutti. Schierando altri due nomi: Paola Taverna e Alvise Maniero. Sul via libera c'era il no di Pd e Italia Viva. L'accusa nei confronti di Lannutti, sponsorizzato da Beppe Grillo, è di aver un figlio dipendente della Banca Popolare di Bari. Ma la sensazione è che sia stato solo un pretesto, per aprire una nuova (l'ennesima) resa dei conti nella maggioranza. Il M5s, prima dell'uscita di Di Maio, aveva difeso il nome di Lannutti. Invasando il veto dei renziani. Da parte di Italia Viva si è alzato un muro invalicabile. «Lannutti non è votabile. Troviamo una presidenza autorevole. Servono personalità che possano dimostrare di sapere fare bene il loro mestiere» commenta Ettore Rosato, vicepresidente della Camera di Italia Viva. Che incassa la sponda di Maria Elena Boschi: «Noi siamo stati chiari fin dall'inizio: Lannutti per noi è invotabile, e non per il conflitto di interessi con suo figlio, ma per le frasi vergognose dette sugli ebrei. Chi porta avanti pregiudizi squallidi antisemiti non avrà mai il nostro voto, qualunque attività faccia suo figlio. Mi chiedo come i 5Stelle possano continuare a sostenere questa candidatura» dice in un'intervista a Repubblica, il capogruppo di Italia Viva alla Camera.

Parole che provocano l'irritazione dei Cinque stelle. Sulla commissione banche anche il senatore dissidente, in odore di espulsione, Gianluigi Paragone, sposa la linea dei vertici: «Credo che il figlio di Lannutti sia un dipendente normalissimo, di basso livello. Un conto è avere un parente che è negli assetti dirigenziali, un altro è averne uno allo sportello. La storia di Lannutti parla da sé, ha scritto libri, la sua storia parla da sola. Se non vorranno avere un cane da guardia come Elio in commissione ce ne faremo una ragione» commenta ai microfoni di Radio Cusano Campus. «Se dobbiamo entrare nelle logiche della maggioranza, Italia Viva e Pd hanno già detto che non lo vogliono - ha ricordato -. Giustamente Salvini dice: facciamo partire questa commissione perché ce n'è bisogno. Ricordo che i primi gruppi parlamentari che diedero i nomi per la commissione d'inchiesta sono stati M5s e Lega, gli ultimi a dare l'elenco sono stati Pd e Forza Italia. Ci sono delle reti relazionali, se metti in controluce un pezzo del sistema bancario vedi nello sfondo delle reazioni legate anche a partiti politici storici. C'è un sistema di relazioni - ha concluso - può essere anche non illecito, ma assolutamente inopportuno». Anche il sottosegretario all'Economia, Alessio Villarosa, aveva fatto da scudo a Lannutti: «Il presunto conflitto di interessi del senatore Lannutti è inesistente. L'onestà del senatore Lannutti è indiscussa».

Più morbidi i toni del Pd, ma non cambia il messaggio agli alleati: via Lannutti. «Credo che quando si elegge il presidente di una commissione si dovrebbe cercare una figura gradita a tutte le forze politiche».

Invito raccolto da Di Maio.

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