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Il M5s silura Conte: "Decida il Parlamento sul Fondo Salva-Stati"

Il Tesoro: "Tratteremo ma solo sulle banche". E Renzi diserta il vertice: "Troppi litigi"

Il M5s silura Conte: "Decida il Parlamento sul Fondo Salva-Stati"

I tempi e le priorità della politica italiana non coincidono con l'agenda dell'Europa. Se il Mes da noi è diventata una priorità, nei media dell'Unione la nuova versione del Salva stati è praticamente ignorata. Anche perché a Bruxelles si dà per scontata una approvazione della bozza approvata nel giugno scorso.

In questo clima ieri si è tenuto il vertice di maggioranza sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità al quale, proprio per sottolineare le scarse chance di successo, non ha partecipato Italia viva. Motivazione ufficiosa, trapelata ieri sera poco dopo l'inizio della riunione: la questione riguarda i rapporti tra Pd e M5s. «Siamo stanchi di litigi», ha spiegato poi il leader Matteo Renzi schierato per il sì alla riforma sia pure con qualche dubbio («Non danneggia l'Italia, ma aiuta i tedeschi»).

Non la pensa così il leader del movimento Luigi di Maio che si è presentato al vertice chiedendo di parlamentarizzare la trattativa con Bruxelles. Di introdurre una «riserva parlamentare», traducibile in una sorta di risoluzione di maggioranza che vincoli il governo nelle prossime fasi.

Metodo che deve necessariamente includere un rinvio dell'approvazione, prevista per il consiglio europeo del 13 dicembre. Oppure l'individuazione di una soluzione all'Ecofin del 4 dicembre, che a questo punto diventa una tappa fondamentale per capire le mosse dell'Italia. Le possibilità di un rinvio sono poche. Ridottissime anche le chance di cambiare l'articolato sul quale è stata raggiunta un'intesa.

Le uniche possibilità di modifica riguardano un capitolo della riforma dell'Eurozona che non fa parte direttamente del nuovo Mes, ma che dovrebbe essere approvato al Consiglio europeo di metà dicembre. È la garanzia europea sui depositi bancari e in particolare il tetto alla quantità di titoli di stato detenuti dalle banche, che la Germania vorrebbe introdurre come pre requisito. I timori di Bankitalia e dell'Abi, l'associazione dei banchieri, riguardano proprio questo capitolo. Ma se passasse una normativa meno punitiva per la banche italiane, i cui portafogli sono pieni di Btp e altri titoli di stato - spiegava ieri una fonte di maggioranza - all'Italia converrebbe approvare il resto della riforma. Comprese le norme dubbie del nuovo Salva stati, in particolare la governance e le procedure clausole di azione collettiva che potrebbero - sia pure in situazioni estreme - rendere meno difficile avviare l'ipotesi che l'Italia deve evitare a tutti i costi: la ristrutturazione del debito pubblico.

L'offerta del ministero dell'Economia al M5s è una trattativa durissima su questo capitolo, anche facendo pesare la minaccia di un no italiano in sede di ratifica.

Il No del Parlamento è uno scenario sempre meno remoto. La riforma del meccanismo europeo è un trattato e prima di entrare in vigore deve incassare il sì di Camera e Senato. Una bocciatura aprirebbe la strada a scenari pericolosi che molti, a partire dal Quirinale, vogliono evitare.

Una possibile concessione all'Italia potrebbe essere una interpretazione più chiara sui famosi automatismi che durante la trattativa di giugno sono stati eliminati su pressione dell'allora ministro Giovanni Tria. Si tratta di algoritmi pubblici e fissi per stabilire la affidabilità dei debiti sovrani e quindi anche le situazioni che richiedono un intervento del fondo. Un'arma data agli speculatori. Il trattato non chiarisce del tutto l'eliminazione di questo automatismo.

A chiarire la scelta del governo domani sarà lo stesso Conte, con una diretta Facebook annunciata ieri sera.

Al vertice è approdata anche la vicenda di Alitalia, in particolare la discussione sull'eventualità di anticipare il decreto che sblocchi il prestito da 400 milioni in attesa della nuova cordata.

Vicenda complicata, più del Mes.

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