Cronache

Maccalli e Chiacchio in Italia "Eravamo legati agli alberi"

Il racconto dei due ostaggi ai pm: "Sequestro gestito da tre gruppi di islamisti. Mai ricevute minacce di morte"

Maccalli e Chiacchio in Italia "Eravamo legati agli alberi"

Padre Gigi Maccalli e Nicola Chiacchio sono tornati in Italia. Questa è l'unica bella notizia. Tutto il resto fa parte di un protocollo di facciata che, ipocritamente, non tiene conto delle gravi ripercussioni che la liberazione degli ostaggi (questi ultimi al pari dei tanti che li hanno preceduti e di quelli che li seguiranno) comporta nel grande Risiko geopolitico della sicurezza internazionale. I due nostri connazionali, rilasciati insieme con il maliano Soumalia Cisse e la francese Sophie Petronin, sono stati le decisive contropartite per la liberazione disposta dalle autorità di Bamako di 180 militanti jihadisti; terroristi scarcerati nel giro di 48 ore: 70 sabato scorso e altri 110 il giorno successivo. Molti di loro appartengono al gruppo Jnim, legato ad Al Qaeda, sospettato di essere proprio autore ed esecutore del rapimento di Maccalli nel 2018 e di Chiacchio nel 2019. Ma nonostante la vittoria «diplomatica» dell'islamismo stragista che ora - grazie a quest'ultimo scambio di prigionieri - può contare sulla ritrovata operatività di circa 200 affiliati, il nostro ministro degli Esteri, Luigi Di Maio (ieri con il premier Giuseppe Conte a Ciampino per accogliere la coppia di ex ostaggi) mostra un entusiasmo che la dice lunga sulla difficoltà di comprendere le pericolose ricadute «interne» della crescita del jihadismo quaedista nell'area dell'Africa sub-sahariana. Di Maio non vede infatti rischi né pericoli in operazioni come quelle che hanno portato alla liberazione degli italiani, da lui solo parole di compiacimento: «Grazie a chi ha lavorato per riportarli a casa, all'Aise e alle nostre forze di intelligence, che sono tra le migliori al mondo. Grazie all'Autorità giudiziaria italiana per la sua eccellente opera investigativa. E grazie all'Unità di crisi della Farnesina e a tutto il corpo diplomatico italiano. Quando le Istituzioni dello Stato lavorano con grande sinergia e dedizione l'Italia raggiunge sempre il suo obiettivo». Ma gli elogi autoreferenziali non finiscono qui: «Con Maccalli e Chiacchio, in poco più di un anno abbiamo liberato e riportato a casa 7 ostaggi italiani che erano nelle mani di terroristi od organizzazioni criminali. Continuiamo a lavorare giorno e notte e in queste ore stiamo concentrando gli sforzi per i nostri connazionali in Libia. Abbiamo attivato tutti i canali internazionali e stiamo lavorando in silenzio e con riserbo come richiesto in queste situazioni per raggiungere il miglior risultato. Siamo in continuo contatto con le famiglie dei pescatori. Assicuriamo il massimo impegno per il nostro Paese». Da segnalare un finale degno del Che: «Viva l'Italia. Sempre».

Decisamente più sobria la reazione della famiglia di padre Maccalli, a nome di tutti ha parlato la sorella Clementina: «Dopo tanto tempo di attesa finalmente lo possiamo riabbracciare. La sua missione è portare il Vangelo dove non è conosciuto. Quando lo vedrò non gli dirò nulla, ma lo abbraccerò forte. E un abbraccio vuole dire tanto».

In attesa di tornare dai propri cari Maccalli e Chiacchio sono stati interrogati ieri dai

magistrati della Procura di Roma che indagano sul rapimento: «Il sequestro è stato gestito da 3 gruppi jihadisti. Non abbiamo avuto ricevuto minacce di morte, ma siamo stati legati anche agli alberi». I responsabili? Fantasmi.

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