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"Macché rischio razzismo. È solo propaganda che fa crescere Salvini"

"Macché rischio razzismo. È solo propaganda che fa crescere Salvini"

La marcia contro il razzismo ieri ha avuto grande successo. Ma davvero in Italia esiste un pericolo razzista? Davvero dietro la richiesta di legalità e le paure per flussi migratori fuori controllo c’è un’ondata xenofoba? Attento osservatore della politica italiana e figlio dell’unica terra immune dal razzismo, la Sicilia («Il razzismo è una malattia per popoli biondi»), Pietrangelo Buttafuoco ha una sua idea sulla manifestazione di Milano.

Quale?

«Si chiama “attenzione indotta”. È quel fenomeno per cui dal momento in cui tu decidi di comprare una Vespa, vedi Vespe dappertutto. E se vuoi cambiare casa, vedi “Vendesi” dappertutto. Si studia in psicologia. In politica, attraverso raffinati meccanismi della propaganda - e attenzione: speculari, cioè usati sia da chi cavalca la paura dell’altro sia da chi denuncia il razzismo - significa portare l’interesse delle persone su una cosa che succede da sempre, a cui però nessuno fino ad allora ha dato un senso particolare».

E che adesso diventa ghiotto materiale politico.

«È da trent’anni, o di più, che la gente muore nel Mediterraneo. Io me li ricordo da ragazzo, sulle spiagge della Sicilia, i pescherecci spiaggiati con le scritte in arabo. Ma nessuno diceva nulla. A parte Andrea Camilleri. A proposito: lui la storia di Montalbano e i migranti l’ha scritta tre anni fa, poi adesso va in onda sulla Rai e arriva la macchina della propaganda antirazzista a scatenare la polemica. Ma leggi Davide Enia, Appunti per un naufragio, e vedi da quanto tempo la gente muore nel mare di Lampedusa... Ma allora non c’erano i Saviano, i Veronesi, gli Albinati a scriverci sopra articoli e libri, non c’erano i collegamenti di Che tempo che fa...»

E perché oggi sì?

«Perché c’è Salvini al governo. Prima non c’era un nemico cui dare la responsabilità di tutto ciò. È un marketing irresistibile: chi non anela all’aureola della bontà? Il kulturkampf antirazzista ormai ha preso il posto dell’antimafia declamatoria. Non avendo altro modo per sconfiggere la Dc, a un certo punto se ne fece la centrale di Cosa Nostra. Volendo sbrigarsi a spegnere Salvini lo si laurea razzista, ovvero quanto di più abietto possa esserci. È una scorciatoia della dialettica. Si chiama criminalizzazione».

Ma esiste o no il pericolo di razzismo?

«Ma gli insulti, le scritte, il malessere per chi non fa parte della tua comunità ci sono sempre stati in contesti - come dire? - “colorati”. Oggi succede coi migranti africani. Fino agli anni ’70 coi terroni. Eppure allora non vedevo i grandi giornali puntare il dito, scandalizzati, contro chi metteva nei locali di Torino i cartelli “Qui i meridionali non entrano”. Abbiamo fatto sempre finta di niente. Ma ora che il nemico è imbattibile, elettoralmente, bisogna demonizzarlo».

A Milano in prima fila c’erano i candidati alla segreteria del Pd, Sala, la Boldrini, Landini...

«Viene da pensare che siano pagati da Salvini. Più usano questo meccanismo della propaganda anti-razzista, più la Lega cresce nei consensi. E però c’è da ridere: pensa un po’ tutti papaveri di Forza Italia ormai campioni del politicamente coretto che avrebbero voluto esserci e non possono...».

Questa è una tua malizia. Resta il fatto che Salvini ricompatta una Sinistra altrimenti spaccata su tutto.

«Evocano l’incubo razzismo per potere applicare l’equazione Salvini uguale nazista. Ma solo perché non hanno altri argomenti forti».

Alle elezioni Europee i numeri della marcia di ieri si tradurranno in voti?

«Non credo. La sfilata di ieri a Milano è ancora una volta la vetrina della minoranza egemone che perpetua la propria sfida alla maggioranza silenziosa attraverso la criminalizzazione dell’avversario».

Chi ha sfilato è convinto di essere dalla parte giusta.

«Ma certo. Loro è come se ti dicessero: “Tu, Salvini... Tu, che voti lega... vincerai anche le elezioni, sarai anche al governo, ma sei un nazista”. Serve a squalificare l’avversario politico e a intimorire l’opinione pubblica. E a sentirsi, appunto, dalla parte giusta».

E tu, da che parte stai?

«Vedi, tra i Buttafuoco, ce ne sono di colorati. Noi siamo di sangue misto, siamo meticci, oltretutto la Sicilia è a un pelo dall’Africa, dai Balcani e dall’Asia e pensa come possa confondersi la cicogna. Tutto quello che oggi finisce in prima pagina - scritte, insulti, urti e rutti- per noi è stato da sempre all’ordine del giorno. Tutto vissuto con la santa pazienza e il buon senso.

Forse perché al Viminale non c’era Salvini, prima? Quando capitava a noi, tutto ciò, era pax in multicolor?».

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