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Macron e Trump litigano già "Convinto a restare". "Falso"

Il presidente francese si era vantato di aver persuaso il collega americano a mantenere le truppe Usa in Siria

Macron e Trump litigano già "Convinto a restare". "Falso"

P rime incomprensioni nell'alleanza transoceanica tra Donald Trump ed Emmanuel Macron sulla Siria. Dopo l'attacco organizzato di concerto tra Usa, Francia e Gran Bretagna, è sempre il dossier siriano a far rischiare la frattura tra gli inquilini di Casa Bianca ed Eliseo. Parlando ad una tv di Parigi, Macron ha rivelato di aver convinto Trump «a rimanere a lungo» nel Paese mediorientale: «Dieci giorni fa il presidente americano ha detto che gli Usa intendevano disimpegnarsi dalla Siria. Noi l'abbiamo convinto che era necessario rimanere». La replica della Casa Bianca non si è fatta attendere, con la portavoce Sarah Sanders che pur non citando Macron ha spiegato come «la missione Usa nel Paese non è cambiata». «Il presidente è stato chiaro, vuole un ritorno a casa delle truppe Usa il più presto possibile». E inoltre il Commander in Chief si aspetta che i partner regionali e gli alleati «si assumano una maggiore responsabilità sia militare che finanziaria, per mettere in sicurezza la regione».

Ieri, poi, Sanders è tornata sull'argomento: Trump «è impegnato a sconfiggere l'Isis - ha affermato -. Abbiamo ancora truppe sul terreno, ma il presidente le vuole riportare a casa e questo non è cambiato, però non abbiamo una scadenza». Precisando comunque che Macron non ha travisato la conversazione con il tycoon. Anche il leader francese ha corretto il tiro: «Noi abbiamo un unico e solo obiettivo militare, la guerra contro l'Isis. La Casa Bianca ha ragione a ricordare che l'impegno militare è contro lo Stato Islamico e si concluderà il giorno in cui questa guerra sarà finita». «La Francia ha la stessa posizione - ha aggiunto -. Ieri non ho parlato di nulla di diverso». Nessuna decisione, invece, è stata per ora presa da Washington su eventuali nuove sanzioni contro la Russia. L'ambasciatrice all'Onu, Nikki Haley, aveva detto che il ministro del Tesoro avrebbe dato notizia ieri di nuove misure restrittive, ma la portavoce della Casa Bianca ha frenato: «Stiamo considerando ulteriori sanzioni contro Mosca e una decisione sarà presa nel prossimo futuro. Stiamo valutando, ma per ora non c'è nulla da annunciare». E per i funzionari Usa citati dal Washington Post è improbabile che ciò avvenga senza un altro evento scatenante. Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, comunque, è convinto che non avrebbero alcun legame con la situazione in Siria, ma sarebbero dirette «a ostacolare» la Russia sui mercati internazionali. »La campagna di sanzioni contro Mosca sta davvero assumendo i contorni di un'ossessione - ha aggiunto - le consideriamo illecite, contrarie al diritto internazionale e alle regole del Wto».

Intanto, nel Regno Unito, si inasprisce lo scontro tra governo e opposizione sul raid in Siria. Il vice leader laburista, Tom Watson, ha diffuso un rapporto in sui si afferma che l'attacco di Usa, Francia e Gran Bretagna è stato «illegale» sul piano del diritto internazionale. La premier Theresa May, invece, ha difeso alla Camera dei Comuni la legittimità dell'azione definendola ancora una volta «necessaria e proporzionata», e respingendo le critiche secondo cui avrebbe dovuto prima ottenere l'approvazione del Parlamento. «Dovevamo intervenire rapidamente per evitare ulteriori sofferenze umanitarie», ha detto May, replicando alle contestazioni del leader dell'opposizione laburista Jeremy Corbyn. Peraltro, ha continuato, si tratta della stessa motivazione invocata da «governi di diverso colore» in Gran Bretagna per giustificare azioni militari all'estero, dall'intervento in Iraq nel 1991 a quello in Kosovo nel 1999. E i raid erano necessari per dimostrare che «l'uso delle armi chimiche non è accettabile».

Poi, quando Corbyn l'ha attaccata dicendo che «il primo ministro deve rispondere a questa Camera e non al presidente Trump», ha replicato: «Nessuno mi ha dato istruzioni in nessun momento, ho agito nell'interesse nazionale britannico».

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