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Mafia capitale, la coop aveva l'ok del Viminale

Il centro migranti di Mineo era il cuore degli affari scoperti dai pm. Cantone ha invano segnalato irregolarità negli appalti

Salvatore Buzzi, braccio destro di Massimo Carminati nella cupola affaristica romana
Salvatore Buzzi, braccio destro di Massimo Carminati nella cupola affaristica romana

Ci sono appalti e appalti. Pareri e pareri. Come quello dell'Autorità Anticorruzione, che in certi casi può essere non vincolante per annullare una gara. Anche se l'appalto in questione è quello sulla gestione del Cara di Mineo, il centro richiedenti asilo in provincia di Catania emerso con prepotenza nelle indagini di Mafia Capitale come luogo chiave per il business degli immigrati tanto caro a Salvatore Buzzi e a Luca Odevaine, l'ex vicecapo di gabinetto di Walter Veltroni arrestato nell'ambito dell'inchiesta romana.

La vicenda, rivelata da il Fatto , è quella della conferma da parte del Consorzio Calatino Terra di Accoglienza di un appalto per la gestione del Cara di Mineo da 98 milioni di euro al consorzio di cooperative sociali Casa della Solidarietà, lo stesso che gestisce il Cara dal 2011, nonostante una doppia bocciatura dell'Anticorruzione di Raffaele Cantone. Un parere negativo, quello dell'Authority, sul quale però lo stesso ministero dell'Interno, chiamato indirettamente in causa, aveva espresso dei dubbi. Tanto che quando si è trattato di decidere l'assegnazione, invece di bandire una nuova gara come indicato, il direttore generale del Consorzio Calatino, Giovanni Ferreri, forte anche delle riserve sulla bocciatura dell'appalto formulate dal Viminale, è andato avanti per la sua strada riconfermando la Casa della Solidarietà.

È aprile 2014 quando il consorzio che gestisce il centro richiedenti asilo indice una gara per i servizi. Si presentano in due e a giugno la Casa della Solidarietà vince l'appalto. Nella commissione aggiudicatrice c'è anche Odevaine, che dopo pochi mesi finisce in manette perché ritenuto uomo chiave di Mafia Capitale, in grado secondo il Ros di orientare i flussi dei migranti verso i centri di accoglienza più rilevanti per le coop a lui vicine. L'azienda esclusa presenta un esposto all'Anticorruzione, che a luglio 2014 apre un procedimento, quando lo scandalo delle coop non è ancora scoppiato e i nomi di Buzzi e Odevaine non sono ancora associati a quello dell'ex Nar Massimo Carminati. Il 5 marzo dall'Authority arriva un parere che pesa come un macigno sul centro di accoglienza: l'appalto indetto dal Consorzio Calatino «è illegittimo per contrasto con il codice degli appalti e con i principi di concorrenza, proporzionalità, imparzialità ed economicità». Anche il Viminale viene tirato in ballo perché non sarebbe spettato al ministero dell'Interno predisporre il capitolato di gara. Tesi che il ministero rigetta per bocca del prefetto Mario Morcone, contrapponendosi alle conclusione dell'Authority: «I pm decideranno se c'è stata o no una qualche opacità nella nascita di Mineo, ma ho qualche dubbio sulla decisione di Cantone». Così, forte anche dei dubbi espressi dal Viminale, il consorzio se ne infischia del parere contrario firmato Cantone e conferma l'assegnazione alla Casa della Solidarietà, scrivendo in una delibera dello scorso 15 maggio che quanto sostenuto dall'Anticorruzione «non incide direttamente sugli atti amministrativi» e «non è vincolante».

I beni sequestrati all'associazione di stampo mafioso che si avvaleva della forza di intimidazione e dell'omertà dedita all'estorsione, all'usura, al riciclaggio, alla corruzione

di Patricia Tagliaferri

Roma

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