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La maggioranza scricchiola sulle "bombe" fisco e ponte

La Lega non cede sul condono, i grillini sul sussidio. Voci in Transatlantico: "I gialloverdi non dureranno"

La maggioranza scricchiola sulle "bombe" fisco e ponte

«Andiamo dritti come un treno», dicono a Palazzo Chigi, e pazienza se la corsa può finire contro il muro di Bruxelles, dentro la voragine dei mercati o nel buco nero del taglio delle tasse. Il governo non arretra, «deficit al 2,4 per cento e le altre misure qualificanti non si toccano». Ma sotto tanta granitica certezza, ecco che spuntano diverse, profonde crepe. Dai numeri della manovra al decreto fiscale voluto da Salvini, dal ponte di Genova ai rapporti con l'Europa, fino alle alleanze internazionali in vista delle elezioni della prossima primavera. Lo scontro sommerso tra Lega e Cinque stelle riguarda ormai quasi tutti i settori di intervento e qualcuno in Transatlantico ora si chiede: quanto durerà la maggioranza giallo-verde? Reggeranno in caso di bocciatura della Ue e di tempesta sulle piazze finanziarie.

La prima mina può esplodere già oggi alle 19, quando la pace fiscale arriverà il tavolo del Consiglio dei ministri e M5s chiederà un rinvio. Molti i dubbi sul provvedimento. La Lega lo considera una bandiera irrinunciabile, però i grillini non sono convinti che il condono riguardi non solo le sanzioni ma pure il capitale delle cartelle esattoriali inevase. Si prevede un braccio di ferro, tuttavia difficilmente Salvini mollerà su uno dei suoi cavalli di battaglia.

In compenso si litiga anche sulla ricostruzione a Genova. Danilo Toninelli, contestato dagli sfollati infuriati per i ritardi, si intestardisce nel voler affidare i lavori a Fincantieri. La Lega invece, forte del parere della Corte dei Conti, vuole una gara europea.

E divergenze, o quanto meno accenti diversi, stanno emergendo pure sul Def. Una spia? Il nervosismo di Giovanni Tria, al quale il leghista Claudio Borghi, presidente della commissione Bilancio della Camera, deve spegnere il microfono mentre abbozza una replica alle accuse di Renato Brunetta. Il ministro, messo in minoranza nelle scorse settimane e costretto a ingoiare un deficit diverso da quello concordato con Bruxelles, è improvvisamente diventato il più strenuo difensore della «manovra del popolo». Era «l'uomo del Colle», il controllore dei conti, adesso invece si è trasformato in un ultrà, soffre il fiato sul collo di Paolo Savona, che per molti è di fatto vero ministro.

Qualcuno prevede un rimpasto a breve, con un professore che cede il posto a un altro professore. Intanto, forse per portarsi avanti con il lavoro, l'uomo del famoso piano B teorizza una serie di «tagliandi trimestrali» alla manovra, nonostante il ministero smentisca. «Il Def è addirittura moderato - insiste Savona - però se ci sfugge lo spread bisognerà cambiare la Finanziaria». E sono le stesse cose che sostiene Massimo Garavaglia, leghista, viceministro dell'Economia: «Se la forbice tra Btp italiani e Bund tedeschi dovesse allargarsi, se la Borsa continuasse ad andare male, la legge di Bilancio cambierà e si andrà di più verso il lato sviluppo». Insomma, prepariamoci ad archiviare il costoso reddito di cittadinanza. Luigi Di Maio sarà d'accordo?

Un altro terreno di scontro è il posizionamento internazionale della maggioranza giallo-verde. Roberto Fico, a Bruxelles in missione diplomatica e alla ricerca di spazi, chiede alla Commissione di dialogare con l'Italia, flirta con Pierre Moscovici e boccia la possibile alleanza populista con il Front National. «Siamo contenti di apprendere che la strada del presidente della Camera non sarà quella di Matteo Salvini e Marine Le Pen - replica Mara Bizzotto, capodelegazione del Carroccio -.

Aspettando un Maduro europeo, preferisce la compagnia delle vecchie mummie come Junker».

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