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Maggioritario a metà, il Pd ci riprova da solo ma non ha i numeri

"Tedeschellum" addio, domani il nuovo testo, e Renzi ammette: "Non sono ottimista..."

Maggioritario a metà, il Pd ci riprova da solo ma non ha i numeri

«Adesso vedremo se gli altri partiti vogliono davvero superare il Consultellum: è l'ora della verità», annuncia con una certa enfasi il renzianissimo senatore Andrea Marcucci.
Il momento della verità si presenta piuttosto lungo, visto che il nuovo testo base di legge elettorale verrà presentato non prima di giovedì prossimo, e di lì inizieranno le schermaglie. Sta di fatto, però, che il Pd ha deciso di riprendere in mano l'iniziativa e ha rimesso sul tavolo una proposta che vira di nuovo verso il maggioritario, sia pur in quota parte. Abbandonando il cosiddetto «tedeschellum» (proporzionale con sbarramento) su cui Matteo Renzi aveva costruito un accordo a quattro che comprendeva anche Forza Italia, Lega e Cinque Stelle; ma che poi fu affondato dai grillini alla prima prova d'aula. «Il testo base che presenterò giovedì mattina non sarà il tedesco», dice il relatore dem Emanuele Fiano. Verrà invece recuperato il famoso «Rosatellum» (dal nome del capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato), con alcune modifiche. È stato ribattezzato «Mattarellum rovesciato» perché prevede l'assegnazione dei seggi in proporzione quasi esattamente rovesciata rispetto al Mattarellum (75% di collegi maggioritari e 25% di recupero proporzionale): in questo caso il 64% dei seggi sarebbe attribuito con metodo proporzionale su listini bloccati di pochi nomi, e il 36% in collegi maggioritari (231 per la Camera, 116 per il Senato) a turno unico. Il nuovo sistema prevede la possibilità di stringere coalizioni ma non l'indicazione del capo coalizione. Lo sbarramento nazionale è fissato al 3% dei voti. Ma lo stesso Renzi ammette: «Il Pd non fa melina, per fare una legge elettorale dipende dagli altri, e io non sono ottimista».
Lo scopo dell'iniziativa Pd è duplice: da una parte scrollarsi di dosso l'accusa di non voler fare una nuova legge elettorale, disinnescando il pressing esterno che (dal Quirinale ai frondisti interni) si sarebbe scatenato su Renzi. Dall'altro, mettere in difficoltà gli altri attori politici: i Cinque Stelle vedono i collegi come la peste e già insorgono contro la «schifezza incostituzionale» proposta dal Pd. Gli scissionisti di Mdp sono contrarissimi ad una legge elettorale che favorisce le coalizioni sui collegi, e che quindi consentirebbe a Giuliano Pisapia di perseguire l'alleanza con il Pd scaricando finalmente Bersani e D'Alema (come l'ex sindaco di Milano faceva capire tra le righe di un suo intervento sul Corriere, ieri). E infatti i bersaniani fanno fuoco e fiamme contro la proposta. Quanto a Forza Italia, sono molto forti le perplessità di Berlusconi su nuove regole che lo costringerebbero a trattare con Lega e Fratelli d'Italia collegio per collegio, legandosi a Salvini anziché tenendosi le mani libere (come invece garantiva l'agognato tedesco). «Non escludiamo il nostro apporto, perché siamo fortemente determinati a fare la legge elettorale in Parlamento, ma ci riserviamo di leggere prima il testo», dice sibillino l'azzurro Francesco Paolo Sisto. Il gruppo di Fi è diviso, i parlamentari del Sud sono contrarissimi a nuove regole che «ci penalizzerebbero». Ma per far passare la proposta i voti di Forza Italia sono indispensabili, visto che per ora solo la Lega si è detta d'accordo. Anche se Salvini è dubbioso: «Listone unico? Se c'è un programma coerente... I minestroni riscaldati per un voto in più, no».

E pure in casa Pd serpeggia qualche dubbio, come spiega un dirigente: «È un azzardo, perché con questa legge il centrodestra farebbe sicuramente la coalizione, mentre per noi è da vedere: Pisapia si stacca da Mdp? Nasce una cosa di centro con Calenda? Se alla fine ci ritrovassimo da soli, perderemmo moltissimi collegi».

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