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Di Maio resta in silenzio: deve subire un altro ricatto

Rinviata a tarda sera la riunione con i gruppo. Grillo lo difende: «Non avevamo i numeri». Affondo dei No Tav

Di Maio resta in silenzio: deve subire un altro ricatto

N el giorno della prevista sconfitta parlamentare sulla Tav è proprio il Movimento 5 Stelle a tirare un sospiro di sollievo. Partita chiusa, faccia salvata. Ma appesi agli umori di Salvini. Il timore, dalle parti di Di Maio e soci, è che la «questione politica» aperta dal Carroccio subito dopo la votazione delle sei mozioni al Senato sulla Torino-Lione possa trasformarsi nell'ennesimo ricatto: o rimpasto oppure tutti a casa. Il menù della possibile richiesta di cambi all'interno dei ministeri potrebbe risultare indigesto ai grillini.

Via il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli, e avviso di sfratto anche per Elisabetta Trenta, titolare della Difesa, un altro dicastero su cui il vicepremier leghista vorrebbe mettere le mani. Mentre fonti vicine a Matteo Salvini facevano filtrare la possibilità di «una grossa notizia» da dare a Sabaudia, tappa del tour estivo del leader della Lega, dal quartier generale pentastellato si limitavano a posticipare di un'ora l'assemblea congiunta dei parlamentari M5s. Dalle 21 alle 22.

Nel tardo pomeriggio, quando il ministro dell'Interno incontrava il premier Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, si infittiva il giallo su dove fosse Luigi Di Maio. Tra notizie che lo davano chiuso nel suo ufficio al ministero del Lavoro e altre che dicevano fosse nella sede del governo per il vertice informale con Conte e l'omologo leghista.

Nel momento in cui scriviamo, nell'inner circle del capo politico è diffusa la convinzione che Salvini non voglia staccare la spina. Ma soltanto sfruttare la spaccatura sulla Tav per ottenere un rimpasto che ribalterebbe i numeri nell'esecutivo a favore del Carroccio. Anche se è sempre più forte la pressione interna per «l'ennesima umiliazione subita dalla Lega».

Significativo l'intervento dell'eurodeputato Ignazio Corrao, considerato vicino a Di Maio: «Qualsiasi occasione in cui c'è da difendere l'ancién regime e determinati interessi particolari, si dimostra come l'occasione in cui la Lega si mette a disposizione del sistema stesso», ha scritto il grillino siciliano eletto a Bruxelles. Che ha parlato del voto di ieri come dell'«occasione buona per rispedire questo orribile partito padano al mittente (Berlusconi & friends)» e di «un partito che ha rubato 49 milioni agli italiani e fa finta di niente, profondamente razzista e parte di quel sistema che ha ridotto il nostro paese nelle condizioni in cui si trova». Non sorprende più, invece, l'affondo quotidiano di Alessandro Di Battista, che ha così descritto Salvini: «È senza scrupoli, innamorato del potere e dei privilegi della visibilità». Per l'ex deputato il capo della Lega «bacia tutti i suoi detrattori di sinistra e pure certi suoi amichetti in odore di malaffare ma solo a me intende mandare a cag...»

Nella giornata campale per il M5s è arrivato il commento del Garante Beppe Grillo. Il fondatore ha risposto allo storico leader No Tav Alberto Perino, che martedì aveva bollato la mozione dei Cinque Stelle come «un'idiozia», «un modo per salvarsi la faccia» e «una presa per i fondelli». Ha scritto Grillo rivolto all'ex compagno di battaglia: «Non avere la forza numerica per bloccare l'inutile piramide non significa essersi schierati dalla parte di chi la sostiene». Il comico ha poi proseguito: «In Val di Susa ho rimediato un candelotto in faccia e 4 mesi di condanna, ma il peggio è essere stato al fianco di uno che oggi mi dà del traditore». Di Maio, rimasto in silenzio, ha condiviso il post di Grillo.

E i No Tav hanno minacciato: «sfidiamo Salvini a far partire, così da poter toccare con mano cosa significa cantierizzare un territorio ostile».

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