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Di Maio sempre più isolato. Grillo: "Macché punti e posti"

Il leader del M5s prova a mantenere il suo ruolo nel Movimento. Il garante flirta col Pd: «Occasione unica»

Di Maio sempre più isolato. Grillo: "Macché punti e posti"

Per descrivere la situazione interna al M5s i grillini usano due sostantivi forse in contrasto tra di loro, ma efficaci per provare a comprendere la confusione che regna da loro: «palude» e «polveriera». E il video che Beppe Grillo ha pubblicato in serata sul suo blog sembra dare ragione a chi parla di polveriera. Il garante ha infatti dato la sua benedizione più che esplicita all'accordo con il Pd e sparato a zero contro quelli che parlano di posti, «di 10 punti, di 20 punti... sono esausto».

In entrambi i casi, al centro della scena c'è il capo politico Luigi Di Maio. E forse è proprio quello che voleva ottenere con i 20 punti del programma recapitati venerdì al premier incaricato Giuseppe Conte, almeno stando ai commenti più maligni che circolano dentro il mondo pentastellato. Soprattutto dall'area «di sinistra». E c'è qualcuno di quell'area che insinua che Di Maio sia pronto a «sacrificare il nuovo governo sull'altare della sua vicepresidenza del Consiglio». Condizione irricevibile per il Pd (già è stata dura ingoiare il rospo del Conte-bis), condizione che sembra ancora importante per salvaguardare la figura del capo politico.

Il tema, al centro anche del vertice convocato ieri sera con tutti i big grillini a Roma, è proprio il ruolo di Di Maio. Nel governo, e a cascata, nel Movimento. Le evoluzioni sono rapide. Come velocissima è stata la metamorfosi del premier incaricato Giuseppe Conte agli occhi del suo ex vicepremier. Da salvatore della patria, pronto a immolarsi contro l'arroganza di Matteo Salvini, a competitor pericoloso per le partite di potere nel M5s. La convinzione diffusa, seppure nell'imprevedibilità di fondo, è che alla fine il governo giallorosso nascerà e Di Maio si accomoderà «solo» su una poltrona da ministro, probabilmente la Difesa.

Ma il sentiment nei Cinque stelle è, per certi versi, slegato dalla partita della trattativa, che sembra riavviata su binari positivi. E sta nel timore (o nella speranza, a seconda dei punti di vista) in una battaglia più ampia, che verte su cosa debba diventare il Movimento fondato dieci anni fa da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Ed ecco la paura diffusa nell'establishment grillino: la volontà di trasformare il giocattolo in qualcosa di simile a una creatura alleata stabilmente con il centrosinistra. L'ipotesi non dispiace né a Fico né a Conte. E, come detto, allo stesso Grillo, che nel suo video messaggi si rivolge «ai giovani del Pd» e scandisce: «Abbiamo un'occasione unica, non si riproporrà più così». Insomma, l'ipotesi che porterebbe la diarchia Di Maio-Casaleggio a segnare il passo, sembra ben avviata. Per questo, probabilmente, c'è stato bisogno di un altro vertice, blindato e informale come facevano dei partiti tradizionali. Nell'abitazione romana del sottosegretario Vito Crimi si sono confrontati sul da farsi Di Maio, il padrone di casa, i capigruppo di Camera e Senato Francesco D'Uva e Stefano Patuanelli, il sottosegretario Vito Crimi, la vicepresidente del Senato Paola Taverna, il senatore e presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra e il socio di Rousseau Massimo Bugani. In collegamento Alfonso Bonafede e Alessandro Di Battista, che invece aveva disertato l'ultimo vertice alla presenza di Davide Casaleggio.

Filtra che si «è fatto il punto sul programma».

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