Politica

Di Maio show: "Via i giornalisti dal ristorante"

Piazzata di Grillo e del deputato in un locale di Palermo. L'ipotesi di un'intesa con Mdp

Di Maio show: "Via i giornalisti dal ristorante"

Roma - Potranno espugnare Palermo e la Sicilia di cui, ormai, si dichiarano innamorati pazzi. O, viceversa, Grillo dovrà far incetta del suo Maalox, già acquistato per il caso di una sconfitta, e nuovo talismano antisfiga. Oppure no: la vittoria potrebbe riuscire zoppa: Cancelleri primo, ma senza abbastanza consiglieri; eventualità che costringerebbe i Cinquestelle finalmente a dover decidere se confrontarsi con i pesi di un appoggio esterno. I bersaniani del candidato Fava sono lì, già pronti alla sperimentazione, da replicare magari poi a livello nazionale con Grasso presidente (l'incontro «casuale» dell'altra notte di Bersani con i dirigenti grillini ha attizzato voci che a Roma già circolano con insistenza da qualche settimana).

Insomma, tutto potrà essere, nella pirandelliana terra dove la realtà sembra finta e la finzione reale. Eppure una cosa è certa: che i giovanotti hanno molto da imparare. Non solo l'arte di governo, ma su come stare al mondo ed autogestirsi (che non significa mostrar scontrini). Urlare dal palco, riempire piazze non è nulla; discettare di onestà e democrazia meno ancora. Specie se poi basta un piccolo episodio a rivelare grandi fragilità e far sorgere infiniti dubbi. In che cosa potrà trasformarsi un quisquis de populo cui dovesse arridere improvvisa fortuna e sconfinato potere?

Capita così che nella strana notte degli ultimi comizi, al termine delle reciproche sfacchinate, politici e giornalisti cercano solo un angolo per riposare e metter qualcosa sotto i denti. La compagnia grillina s'avvia vociante verso via Principe di Belmonte, dove ha prenotato una ventina di coperti da Gigi Mangia, «una sorta di salotto al centro del salotto palermitano», come lo descrive l'inviato del Messaggero Mario Aiello. Lui è già lì, nel locale deserto, assieme a Gabriella Cerami dell'Huffington e Luca De Carolis del Fatto. I tre giornalisti hanno già ordinato, bevono acqua, sgranocchiano grissini. Entra Beppe Grillo per primo, saluta il proprietario, chiede della toilette, non fa neppure caso ai cronisti. Ma il responsabile della comunicazione M5S, Rocco Casalino sì, e si ferma a scambiare una chiacchiera. Nel mentre spuntano Di Battista, Cancelleri, Di Maio e Dettori: si bloccano, tornano sui loro passi, confabulano. Di Maio, pretendente allo scranno di premier, rientra risoluto. Mette in forte imbarazzo il ristoratore, che tenta una delicata difesa del buon diritto, oltre che della creanza. «Ma hanno già ordinato, come si fa a mandarli via?». Di Maio è senza se e senza ma: «O noi o loro», intima. Gigi è confuso, mortificato, va al tavolo dei tre. I tre, da veri signori, decidono di comportarsi all'opposto dell'arrogante, di far emergere la stridente volgarità e lasciano libero il campo. Invano tenterà di porre rimedio Casalino, inseguendo i cronisti con le mille inutili giustificazioni del caso: «Dovete capire, Luigi (Di Maio) è stanco morto, dopo tre mesi di campagna elettorale è sfinito... Stanco, stanco, stanco, aveva voglia di rilassarsi a tavola senza altri stress». Chessò, un ruttino in libertà, un boccone con le mani, una battuta volgare.

Il nuovo che avanza pare temere cadute di aplomb. O forse di una maschera?

Commenti