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Di Maio va al "processo farsa" blindato da Casaleggio e Grillo

Oggi il voto online, chiesto da lui, sulla riconferma alla guida del Movimento. Una strategia decisa a tavolino

Di Maio va al "processo farsa" blindato da Casaleggio e Grillo

I leader grillini in campagna avevano spesso detto di non credere ai sondaggi. Ma ovviamente intendevano che si sentivano sottostimati. Il fatto che invece le rilevazioni pre voto siano risultate addirittura generose ha genuinamente colto di sorpresa il Movimento, che per la prima volta si è davvero scoperto scollegato con il sentiment nazionale, nonostante i sensori sulla Rete.

Lo smarrimento è durato 48 ore. Poi Casaleggio ha telefonato a Di Maio e lo ha rassicurato e invitato ad andare avanti. E il direttorio che guida le mosse pentastellate ha deciso la strategia.

1. Innanzitutto che non ci sarà una lotta per la leadership. Alessandro Di Battista è tornato in campo e si è preso la rivincita per essere stato messo da parte in campagna elettorale. Ma alla fine non affonderà il colpo. Roberto Fico è rimasto in prudente silenzio, ignorando qualche appello di suoi fan a farsi avanti, facendo trapelare che avrebbe parlato solo all'assemblea dei parlamentari pentastellati. Lo stesso Grillo, pur non essendo più l'uomo che tira i fili del Movimento, è tornato in campo per arginare la pioggia di critiche: «La diffusione di dichiarazioni che discutono della delusione scaturita dalle urne, come se fosse un calo delle vendite per una multinazionale, è un ferita per me - sferza dal suo blog - Luigi non ha commesso un reato, non è esposto in uno scandalo di nessun genere. Deve continuare».

2. Di Maio non lascerà le cariche all'interno del governo. La critica più diffusa tra i parlamentari in maglia gialla è che il vicepremier abbia assunto su di sé troppe cariche. Ma è apparso subito evidente che anche la semplice rinuncia a uno dei due ministeri che Di Maio si è intestato metterebbero in moto un meccanismo pericolosissimo in un momento di debolezza come questo: il rimpasto. Che di certo alla Lega non dispiacerebbe, anche se continua a ripetere di non volerlo chiedere.

3. Per rilegittimare Di Maio dopo il flop elettorale e le conseguenti critiche interne, oggi si voterà sulla piattaforma Rousseau il quesito «confermi Luigi Di Maio come capo politico del Movimento 5 Stelle?». Non a caso, il voto non riguarda il ruolo nel governo. La piattaforma del resto è a sua volta nel mirino delle critiche per le falle messe a nudo dal Garante della privacy, a partire dalla non segretezza del voto e dalla possibilità che gli amministratori hanno di intervenire sul risultato. Un grillino di lunga militanza, Sergio Puglia, ha fatto il suo facile pronostico in radio a Un giorno da pecora: «Sarà un plebiscito per Luigi».

4. La pioggia di critiche dei Paragone e delle Nugnes, è stata sommersa da una contromarea di dichiarazioni di appoggio al leader interne al governo sollecitata dai capi della comunicazione grillina: Toninelli, Giulia Grillo, Fraccaro. Tutti i fedelissimi sono scesi in campo per preparare il terreno alla consultazione on line. E anche alcuni dei critici hanno moderato gli attacchi. «Abbiamo fatto un mucchio di cazzate» ha detto Di Battista, che però ha aggiunto: «chi è in difficoltà non va lasciato da solo». Nel post in cui Di Maio ha annunciato il voto di fiducia, pare replicare: «A differenza di alcuni, ma assieme a tanti anche di voi, sono sei anni che non mi fermo e credo di aver onorato sempre i miei doveri». Ma Di Maio dovrà accettare una conduzione più plurale. Soprattutto nei territori, dove spesso le candidature sono state calate dall'alto.

5. Resta da scrivere il capitolo più difficile. Cresce l'idea che i 5 Stelle debbano staccare la spina all'alleanza che gli ha fatto perdere sei milioni di voti e 9 elezioni. Il vero quesito non è se, ma quando e come. L'uscita di scena deve servire a recuperare la credibilità smarrita, quindi va giocata su un tema fortemente identitario. Come la giustizia, ad esempio.

Salvini è avvisato.

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