Politica

La malagiustizia? Una manovra. Ci costa 15 miliardi l'anno

Stima di Bankitalia: gli errori valgono un punto di Pil. "Mafia capitale" da sola può arrivare a 10 milioni

La malagiustizia? Una manovra. Ci costa 15 miliardi l'anno

Spese pazze. Non quelle dell'ex governatore del Piemonte Roberto Cota, assolto a sorpresa al termine di un lungo processo. Piuttosto quelle della giustizia italiana. Una macchina che funziona male, come certificato dai dati di Bankitalia. Numeri che contengono un paradosso inquietante: il sistema costa 7,74 miliardi l'anno, ma la malagiustizia presenta un conto assai più alto, addirittura doppio, 15 miliardi di euro. Quanto un punto di Pil. Più o meno i soldi che il governo Renzi sta cercando disperatamente per tappare le falle del bilancio.

E però gli errori si susseguono, archiviazioni e assoluzioni non possono essere registrate sempre all'asettica voce dialettica processuale. I flop si accatastano l'uno sull'altro, come documentato questa settimana dal domino dei procedimenti finiti su un binario morto. La riabilitazione dell'ex sindaco di Roma Ignazio Marino, quella altrettanto clamorosa dell'ex governatore Roberto Cota, e con lui di altri quattordici imputati, le 116 archiviazioni per Mafia Capitale. Per carità, il dibattimento di Mafia Capitale va avanti per 46 imputati e la Rimborsopoli sabauda si è chiusa con 10 condanne. Il problema può essere esaminato da diversi punti di vista.

Ma le ferite restano. Insieme ai costi salatissimi che in un modo o nell'altro finiranno col pesare sul contribuente.

Una vecchia volpe dei tribunali italiani come Carlo Taormina azzarda una stima: «Mafia Capitale, dopo tre gradi di giudizio, costerà fra i 3 e i 5 milioni di euro. E almeno un milione se ne andrà in intercettazioni. È chiaro invece che un processo come quello a Marino ha avuto un bilancio di gran lunga inferiore, sotto i cinquecentomila euro».

Naturalmente il calcolo è assai complesso: c'è una parte, quella conteggiata dall'ufficio del campione penale, che viene poi recapitata al condannato ma in caso di assoluzione resta sulle spalle dello Stato. Le voci più importanti sono di solito le intercettazioni e le perizie. C'è poi una quota di spese fisse che non viene valutata. Il personale, le udienze, luce e riscaldamento in aula. Infine, ci sono le parcelle degli avvocati. Da non sottovalutare. Un principe del foro che non vuole essere citato offre al Giornale alcuni dati: «Immagino che per Mafia Capitale la parcella media per gli indagati poi archiviati si aggiri sui ventimila euro a testa. È chiaro che i consiglieri comunali o regionali, i dirigenti e gli impiegati del Comune, insomma tutti i dipendenti pubblici chiederanno al Comune o allo Stato di mettere mano al portafoglio perché sono stati risucchiati dall'inchiesta per via del loro ruolo. Ma nel caso dei personaggi più in vista la cifra sale enormemente. Raddoppia o triplica».

Sale. Ancora di più per Cota e per Marino: «Per l'ex governatore - prosegue l'illustre penalista - penso che i difensori reclameranno 60-70 mila euro, centomila per Marino».

Insomma, solo il capitolo avvocati peserà sull'erario per una cifra superiore al milione di euro. Da sommare a tutto il resto. È vero che una percentuale delle spese processuali finirà, per la Rimborsopoli del Piemonte, addosso ai condannati, se le pene reggeranno nei successivi gradi di giudizio; e lo stesso scenario si profila per Mafia Capitale. Ma è lecito pensare che in conclusione, anche tenendo conto dei costi «obbligati» che nessuno quantifica, lo Stato possa arrivare a spendere molto di più. Fra i cinque e i dieci milioni. «Nella vicenda di Rimborsopoli - racconta Domenico Aiello, difensore di Cota - le indagini sono state condotte a tempo pieno da quattro squadre di tre finanzieri, per un totale di dodici uomini impegnati per nove mesi. Uno sforzo enorme e un lungo periodo in cui fra l'altro c'erano meno risorse per dare la caccia ai criminali che ogni giorno assediano i cittadini».

Un costo altissimo che nessuno è in grado di stabilire.

Commenti