Politica

Manovra, chiesta la fiducia. Il governo ora rischia grosso

Oggi vota la Camera, Mdp conferma il "no" ai voucher. Al Senato potrebbero mancare i numeri alla maggioranza

Manovra, chiesta la fiducia. Il governo ora rischia grosso

Roma - Il governo ha posto la questione di fiducia sul decreto contenente la manovra correttiva dei conti pubblici. Ieri il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, ha dato l'annuncio nell'aula della Camera chiedendo la fiducia sul testo approvato dalla commissione Bilancio che sarà, come consuetudine, raccolto in un maxiemendamento. Oggi pomeriggio la votazione della fiducia, mentre domani ci sarà il voto finale sul testo. Il decreto passerà poi al Senato dove dovrebbe approdare in Aula dal 13 giugno. Considerato che anche Palazzo Madama dovrebbe modificare il testo si dovrebbe comunque arrivare alla conversione entro la scadenza del 23 giugno.

Il problema odierno, tuttavia, è la tenuta della maggioranza. La manovra, infatti, contiene la reintroduzione dei voucher seppure in versione riveduta e corretta per renderli accessibili alle famiglie e alle imprese sotto i cinque dipendenti. «Questa manovra non avrà il voto di Mdp», ha dichiarato Arturo Scotto, esponente di Articolo 1, sottolineando che «non possono nel nostro nome privare ulteriormente di diritti i lavoratori e le lavoratrici di questo Paese». Il governo Gentiloni rischia così di trovarsi senza appoggio parlamentare (al Senato visto che i numeri di Montecitorio sono molto più rassicuranti) dinanzi a un provvedimento importante come la correzione da 3,4 miliardi dei conti pubblici richiesta dalla Commissione europea. Un antipasto dello scollamento della compagine governativa lo si è avuto già lunedì scorso quando è stato approvato un emendamento che reintroduceva il finanziamento da 4 milioni per il Teatro Eliseo di Roma, una scelta che ha provocato l'indignazione dei pentastellati, del sistema dei teatri pubblici (esclusi dalla provvidenza) e la costernazione del ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan. «La commissione lo ha approvato nonostante il parere negativo del governo», ha ricordato ieri il titolare del Tesoro, rimarcando ulteriormente lo smottamento verificatisi tra esecutivo e legislativo.

La precisazione di Padoan è stata pleonastica. Basti pensare che nel decreto sono passate 202 proposte di modifica. Non è questione di assalto alla diligenza (è prassi, purtroppo), ma di impossibilità a individuare linee prioritarie di politica economica. A titolo esemplificativo, oltre ai fondi per il Teatro Eliseo nel decreto sono rientrati un milione in più per Matera capitale della cultura, 45 milioni per il trasporto pubblico locale dell'Umbria, 175 milioni in più per le Province, la stabilizzazione dei precari della scuola e 15 milioni per i servizi igienici negli accampamenti dei lavoratori stagionali immigrati delle campagne. Persino le colonnine universali di ricarica delle auto elettriche hanno fatto parte del menu.

E a proposito di modifiche al Senato si preannuncia un'importante integrazione della manovra: l'esclusione dal bail in dei fondi pensione obbligatori (come quelli degli ordini professionali) assieme ai già salvati fondi integrativi. È quanto ha rilevato il presiente della commissione Finanze di Palazzo Madama, Mauro Maria Marino (Pd).

Il governo, però, si sta già allenando alla prossima partita: disinnescare le clausole di salvaguardia sull'Iva nel 2018.

Commenti