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La manovra-panettone è un regalo per Giuseppi

La manovra-panettone è un regalo per Giuseppi

Doveva rovinarsi sul Russiagate, inciampare nei diktat di Di Maio sulla prescrizione, capitolare sui concorsi universitari facilitati o sulle vecchie parcelle da avvocato. E l'Ilva che licenzia 4.700 dipendenti, l'Alitalia in dissesto sempre a carico del contribuente.

In appena 18 mesi Giuseppe Conte ha imparato l'arte sopraffina di resistere al comando del governo italiano, unita alla capacità di trovare ogni giorno uno sponsor di peso che lo sorregge non appena comincia a vacillare. Sa anche affrontare l'opinione pubblica con tecniche di comunicazione ben studiate, frutto dell'ingegno del suo portavoce Rocco Casalino. L'ultima è stata quella di indignarsi (o fingere di farlo) perché qualcuno aveva osato parlare di «manovra delle tasse». Tesi quasi umoristica per una maggioranza che per due mesi ha parlato di tassare quasi ogni attività umana: le bibite gassate, la produzione della plastica, le auto aziendali, le reti di comunicazione, persino i «gratta e vinci».

È andata ancora peggio dello scorso anno con la prima legge di Stabilità dell'era giallorossa, un testo dosato con il bilancino solo per evitare il collasso politico di una formula di governo già logorata da anni di contrapposizioni ancora prima di cominciare. E dal forno di mastro Giuseppe è sbucata la prima manovra-panettone, sincronizzata sui film di Boldi e De Sica per fare passare qualche giorno spensierato a Natale a milioni di italiani oppressi dalla crisi economica e dall'ansia di vivere, come ha appena rilevato il Censis. Nessun intento taumaturgico o distensivo, però. L'unico abitante della Penisola che ne beneficerà in misura maggiore sarà lo stesso presidente del Consiglio. Che potrà trascorrere il suo secondo Natale a Palazzo Chigi quando sembrava destinato a lasciare il passo a nuovi esperimenti politici (le elezioni sono una formula troppo democratica per chi non ha voglia di perdere tutto).

Giuseppi non ama i colpi di teatro, forse ancora benevolmente scosso dalla crisi d'agosto esplosa al Papeete che gli ha riconsegnato maggiore autonomia senza un vicepremier ingombrante e popolare come Matteo Salvini. Conte ha chiesto agli alleati di passare le festività tutti insieme, senza lasciarsi con acrimonia o voglia di rivincita. Appello accolto dopo i finti litigi. Piccoli grandi espedienti da navigatore di Palazzo che non dureranno all'infinito. Il 26 gennaio è alle porte, insieme al doppio appuntamento elettorale in Emilia-Romagna e Calabria. Tra quaranta giorni la tregua natalizia non avrà più effetti, anzi cominceranno a comparire le brutte sorprese di una manovra che ha semplicemente posticipato le tasse. Una disfatta giallorossa in Emilia-Romagna non è fantascienza: all'improvviso tutti i nodi verranno al pettine. E Giuseppi proverà ad inventarsi qualcosa per arrivare almeno a Pasqua senza cedere il prestigioso incarico. I vecchi democristiani ammansivano così i giovani impulsivi: un giorno, una settimana, un anno. La manovra-panettone è andata.

E a Palazzo Chigi scatta già l'operazione colomba.

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