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Manovra, il trucco del governo: la flat tax sempre più "mini"

Il trucco del governo: ridotta la platea di partite iva interessate. Così un cavillo costringerà a dire addio alla flat tax

Manovra, il trucco del governo: la flat tax sempre più "mini"

A volte bastano due parole mancanti, un particolare, per infrangere un «sogno». Quello di milioni di elettori ammaliati dall'idea di ritrovarsi un giorno con una tassazione «piatta», semplice, facile da usare. Sulla flat tax Salvini ha costruito il consenso che l'ha portato al governo, eppure nella manovra economica (e nel dl Fiscale che l'accompagna) quel sogno è rimasto sostanzialmente un miraggio.

Un'illusione infranta (anche) da un comma nascosto all'articolo 4 del ddl di bilancio presentato alla Camera lo scorso 31 ottobre. L'articolo in questione riguarda «l'estensione del regime forfettario» dei minimi, in sostanza la prima fase della flat tax per le partite Iva: il governo ha previsto un'imposta sostitutiva al 15% per gli autonomi con ricavi o compensi fino a 65mila euro (innalzando dunque il precedente limite fissato a 50mila euro). Solo che nel farlo è incappato in un cavillo che ha ridotto paradossalmente la platea dei beneficiari.

Col vecchio regime dei minimi, infatti, tra la cause di esclusione dalla tassazione agevolata c'era quella di avere (insieme alla partita Iva) quote in «società a responsabilità limitata» che «hanno optato per la trasparenza fiscale». Quella della «trasparenza fiscale» era una definizione che riguardava poche srl, una minoranza. Nella manovra gialloverde, invece, a quel famoso articolo 4 comma «c» le due parole magiche non ci sono più. Scomparse. Ora quindi la flat tax è preclusa a tutti i poveri cristi con partita Iva che possiedono quote in una srl di qualsiasi tipo. Nessuna esclusa.

«Eliminando la precisazione della trasparenza fiscale - spiega Filiberto Graziani, commercialista - non solo si esclude dalla flat tax una grossa fetta di autonomi che con l'allargamento dei limiti ai ricavi speravano di poter accedere alle aliquote agevolate. Ma si rischia di toglierla pure a chi con la normativa precedente rientrava nel regime dei minimi».

Facciamo un esempio. Paolo è un architetto a cui il padre ha intestato (suo malgrado) una piccola partecipazione nella srl di famiglia (basta l'1%). Per vivere lavora e fattura come partita Iva, la società di babbo non gli frutta praticamente nulla. Con la legislazione precedente rientrava nel regime dei minimi (tasse al 15%) ed era felice. Con la manovra attuale, invece, a Paolo questa possibilità viene preclusa. «Si vedrà aumentare le imposte - continua Graziani - E avrà uno svantaggio competitivo rispetto a un altro architetto che, a parità di fatturato ma senza quote in srl, avrà meno oneri fiscali e quindi potrà proporre al cliente prezzi più convenienti». Un'asimmetria inspiegabile: è chiaro che il consumatore sceglierà chi costa di meno, lasciando al palo il povero architetto con l'unica colpa di possedere una partecipazione societaria.

«Conosco molte persone nella mia situazione», racconta Francesco D., consulente a rischio fregatura. «Basta ereditare una società immobiliare o aprire una start up alle prime armi per ritrovarsi fuori dal regime agevolato». Pensate ad un giovane programmatore che, mentre fattura a partita Iva, con gli amici avvia una start up nella speranza di farla crescere: ieri pagava solo il 15% di tasse, da domani saranno di più.

Alla faccia della flat tax.

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