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La maratona delle illusioni tra sorrisi, ritardi e opinionisti

Nonostante grandi attese e dirette tv, nulla di fatto dopo la seconda tornata dalla presidente del Senato

La maratona delle illusioni tra sorrisi, ritardi e opinionisti

«Ieri schiaffoni, oggi sorrisi». Ad accendere la speranza che quello di ieri potesse essere un pomeriggio decisivo per dare un governo al Paese erano state, per prime, proprio le parole di Matteo Salvini.

Uscito da Palazzo Giustiniani dopo l’incontro con Maria Elisabetta Alberti Casellati, il leader leghista aveva aperto uno spiraglio, facendo intendere che, tutto sommato, l’idea che Luigi Di Maio e i pentastellati si fossero messi alle spalle i veti, a cominciare da quello su Fi, non fosse del tutto peregrina. E i segnali di buon auspicio si sono poi moltiplicati. Contaminando lo spirito anche delle cronache in diretta. Sul web e pure in tv, dove Enrico Mentana ha rispolverato una maratona delle sue, sentendo odore d’arrosto. E il notevole ritardo con cui i grillini si presentano dalla Casellati lasciava ben sperare.

Ma alla fine gli unici sorrisi visti sono quelli di circostanza, stiracchiati, offerti alle telecamere dal candidato premier in pectore grillino e dal resto della delegazione pentastellata, Toninelli e la Grillo. Gigi con le mani aggrappate al leggio, gli altri due rigidi come corazzieri, le mani giunte e sulla faccia un’espressione un po’ così. E il succo, tanto, è che non c’è margine e non c’è niente da sorridere. La strada indicata da Salvini poche ore prima non è percorribile, il mandato della Casellati è una strada in salita non asfaltata, si prega di ripassare dal via. A far presagire che il sole sarebbe brillato solo in senso meteorologico era stato pure Nicola Morra, senatore pentastellato e opinionista improvvisato per l’occasione. Mentre Di Maio e i capogruppo di Camera e Senato ragguagliavano la stampa sul colloquio con la Casellati, Morra elargiva retroscena e interpretazioni originali aggirandosi dalle parti di Palazzo Madama. Spiegando che «per noi del Movimento certi limiti sono invalicabili», ironizzando sugli «altri che abbaiano ma poi alla fine sono d’amore e d’accordo». E ribadendo la totale chiusura verso Fi e il suo leader Silvio Berlusconi: «Siamo stati noi a imporre che la legge Severino venisse rispettata per quanto riguarda le vicende di un ex senatore».

E dunque nessuna sorpresa per le speranze disattese perché tanto «era tutto preventivato», sospira Morra: «non siamo la qualunque, noi certi limiti li riteniamo insuperabili». Invalicabili e insuperabili, come i confini di Palazzo Chigi per un governo che non c’è e che sembra impossibile da varare. Eppure a quell’esecutivo di fantasia Di Maio e i suoi guardano sognanti come bambini in un negozio di caramelle. I segnali di pace però restano univocamente rivolti al leader leghista. Il massimo dell’apertura riservata al Cav - e pure alla Meloni - è un’alzata di spalle, una dissimulata indifferenza ad accettare un appoggio esterno. E così di cammino ne resta poco. A meno che la strada, appunto, non devii in altre direzioni.

Per esempio verso il Pd. Per un accordo tra Cinque Stelle e dem e, chissà, un altro pomeriggio di speranze

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