Cronaca locale

Marcellone, la "Sfinge" dura e pura che giurava: "Batteremo i corrotti"

La sorella è in Regione a fianco di Roberta Lombardi

Marcellone, la "Sfinge" dura e pura che giurava: "Batteremo i corrotti"

Roma - Marcello De Vito è passato dall'essere il Carneade capitolino, quando nel 2013 stupì tutti gli osservatori politici raccogliendo il 12,4% dei voti nella corsa a sindaco (poi vinta da Ignazio Marino), al rappresentare il ruolo del grande sconfitto - contro ogni pronostico - alle Comunarie del 2016. Quando cioè il popolo della Rete scelse l'ancor più sconosciuta Virginia Raggi come candidato sindaco della Capitale per il Movimento 5 Stelle. Nelle ultime elezioni comunali, però, lo stesso De Vito si tolse un primo sassolino dalle scarpe. Con oltre seimila voti è risultato il consigliere comunale più votato. Primato che l'ha portato a sedersi sul più alto scranno dell'aula Giulio Cesare; a «proteggere», dalla poltrona di presidente dell'Assemblea, le spalle della sindaca. Gli amici del Movimento lo chiamano «Marcellone» (vista l'altezza), oppure «ls Sfinge» per quel viso inespressivo che sembra non tradire mai emozioni. Amici e non, poi, lo conoscono anche come «Mr. Preferenze», visto appunto il record di voti raccolti. Cavallo di battaglia, la lotta alla malapolitica. Tra le dichiarazioni rispuntate ieri dalla rete, la promessa di «colpire gli sprechi, i privilegi, la corruzione con cui i partiti di destra e di sinistra hanno campato per anni sulle spalle dei cittadini romani».

Non è un «grillino della prima ora», anche se ha scelto fin da subito l'ala ortodossa del movimento che nella capitale faceva capo a Roberta Lombardi, prima capogruppo alla Camera dei grillini e poi, dalle ultime elezioni regionali, capogruppo in Regione. E questo è pesato molto nell'ambiente romano quando doveva essere scelto come antagonista della corsa del renziano Roberto Giachetti al Campidoglio. Per contrastarlo furono indette le Comunarie vinte a sorpresa dalla Raggi. De Vito ha più volte ricordato pubblicamente il momento in cui decise di «scendere in campo». Quando ascoltò un discorso di Giorgio Napolitano, in occasione del 25 aprile 2012, incentrato sulla difesa dei partiti e dove il presidente metteva in guardia dai pericoli generati dal sentimento dell'antipolitica. De Vito si indignò tanto che si mise subito «in moVimento», mettendo da parte la sua attività di avvocato. L'idea di darsi alla politica l'ha condivisa con la moglie Giovanna Tadonio. Anche lei avvocato, si è candidata in Terzo Municipio dove è arrivata a ricoprire l'incarico di assessore alla sicurezza. A metà consiliatura, però, la Tadonio lascia il gruppo pentastellato per passare al centrosinistra. Anche la sorella di De Vito è una grillina convinta e, dal marzo del 2018, anche una dei dieci consiglieri che compongono la squadra del Movimento 5 Stelle alla Pisana.

Per Marcello De Vito la carriera all'interno del grillismo attivo finisce qui. Come ha ripetuto Di Maio «è l'anima del movimento» a volerne l'immediata espulsione. Di certo i sassolini adesso sarà la Raggi a toglierseli con piacere dalla scarpa. Già ieri sera gongolante nel salotto televisivo di Porta a porta ricordava che tra lei e De Vito non corresse buon sangue.

Sentimento assolutamente reciproco visto che più volte è stato sentito commentare l'elezione della «rivale» con queste parole: «dopo Marino a Roma avresti vinto pure col Gabibbo».

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