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Marino piange da Orfini e i vendoliani lo scaricano

Dopo le dimissioni del suo vice il sindaco preferisce parlare di sistema-rifiuti più che di crisi in Campidoglio. Il Pd gli impone un rimpasto per una «fase 2»

Marino piange da Orfini e i vendoliani lo scaricano

Al sindaco arriva un avvertimento che rompe gli equilibri della maggioranza, il ticket a sinistra. «La verità è che Sel a Roma, da ora, è in appoggio esterno alla giunta Marino. Ora sta al sindaco spiegare alla città cosa vuol fare e con quale squadra», scrive su Facebook il vicepresidente della Regione Lazio Massimiliano Smeriglio, del partito di Vendola.

Il pericolo è concreto e il capogruppo dem in Campidoglio Fabrizio Panecaldo cerca di scongiurarlo, avvertendo che «rompere la coalizione sarebbe un grave errore» e spiegando «che la politica nazionale si occupi di Roma, nessuno deve viverlo come un'ingerenza». A Smeriglio il dem raccomanda di «mantenere anche in questo passaggio politico “testa algida e cuore caldo”». Dentro Sel Adriano Zaccagnini pensa che l'appoggio esterno sarebbe stato giustificato prima, per condizionare la giunta, ma «ora sembra un tentativo malriuscito di salvare la faccia».

Marino, intanto, corre al Nazareno per cercare conforto e istruzioni dal commissario dem a Roma, Matteo Orfini e nel pomeriggio ci si ferma un'ora e mezza. Ma è proprio il Pd nazionale che vuole risolvere la «questione romana», togliendo dalle sue mani le redini e imponendo un rimpasto che inauguri una «fase due» della giunta che ha perso in 2 anni 7 assessori su 12, compreso quel Daniele Ozzimo arrestato per Mafia Capitale.

Ora che il passo indietro di Nieri arriva per il suo «rapporto fiduciario» con Salvatore Buzzi, così scrivono gli ispettori nel rapporto al prefetto Franco Gabrielli, la pretesa di Matteo Renzi di una svolta in Campidoglio diventa più concreta. Si parla di almeno 5 assessori nuovi e come vicesindaco il Pd vorrebbe un suo esponente.

Qualcuno parla dello stesso Orfini. Lui smentisce, «impossibile», e così il subcommissario dem romano, Gennaro Migliore. Ma nel partito c'è chi non esita a sparare a zero contro Marino. «Ormai siamo alla diaspora - attacca Patrizia Prestipino della direzione nazionale Pd - Si continuano a dimettere pezzi da novanta dell'amministrazione comunale, è un disastro. Marino deve assolutamente fare un passo indietro. Al suo posto servirebbe un commissario governativo e poi bisognerebbe andare al voto, lui proprio non va».

Il deputato Gianni Sammarco, coordinatore di Roma di Ncd, forza della maggioranza Renzi, non è più tenero: «Non permetteremo che la giunta Marino sia sottoposta ad un terzo rimpasto. Il Pd e la sinistra non possono continuare a tenere in ostaggio una delle più importanti città del Paese. Bisogna tornare subito al voto ed individuare un governo che restituisca ai romani la dignità perduta con questa amministrazione». Oggi alle 11 i centristi hanno organizzato un presidio di denuncia in Campidoglio durante il consiglio comunale.

Pensare che l'unica cosa che in questo momento sembra giocare a favore della sopravvivenza di Marino e del suo governo sarebbe appunto il timore delle elezioni, visti i sondaggi che darebbero il M5S più forte del Pd.

Ma anche le opposizioni spingono Marino verso in baratro. «Un gesto di sensibilità, quello di Nieri, che pure Marino dovrebbe prendere ad esempio, per consentire così a Roma di ripartire dopo due anni di pura inefficienza amministrativa», incalza Adriano Palozzi di Fi.

Gli fa eco la leghista Claudia Bellocchi: «Il sindaco abbia un briciolo di dignità, si dimetta e si torni al voto per il bene di Roma». Intanto i sindacati sono «pronti alla mobilitazione», in mancanza di risposte da Marino.

«A questo punto l'allontanamento del sindaco è l'unica soluzione possibile per salvare la capitale dal tracollo», dice il responsabile Ugl Roma, Fabio Verelli.

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