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Marino sindaco in fuga, beccato con la Panda in pieno divieto di sosta

Il sindaco tace ma diserta una manifestazione. E ora il Pd prende le distanze

Marino sindaco in fuga, beccato con la Panda in pieno divieto di sosta

Roma - In uno spot della Fiat Panda Piero Chiambretti scandiva sornione: «Panda, auto ufficiale per fare quello che ti pare». Ignazio Marino, il Forrest Gump del Campidoglio, deve aver preso alla lettera quel claim . E con la sua Panda rossa fa quello che gli pare. E pure qualcosa in più. L'ha tenuta in sosta per un anno e mezzo al Senato malgrado non fosse più senatore, ci è poi entrato varie volte nella Ztl pur senza permesso, e oggi continua a parcheggiarla dove capita.

Era dai tempi di Herbie (il Maggiolino tutto matto) che un'auto non ne combinava di così buffe. Eppure in una città sterminata come Roma non sembra esserci posto per un'auto così piccina. Martedì sera un'altra gag, speriamo l'ultima: la Panda rossa viene avvistata da Fabrizio Santori, consigliere regionale del gruppo misto, da Emiliano Corsi del comitato DifendiAmo Roma e dall'avvocato Francesco Figliomeni. L'auto è parcheggiata in via di Santa Chiara, nei pressi del Pantheon, a pochi metri da un evidente segnale di divieto permanente di sosta, e inoltre a bloccare la vetrina di un locale. Nessun dubbio, la targa è proprio quella. E quel parcheggio selvaggio non è un abuso di poche ore notturne: un sito ( lultimaribattuta.it ) pubblicherà poi le foto scattate dai cittadini dell'area che ritraggono quell'auto in quella stessa posizione in diverse ore del giorno, a dimostrare uno sgarro prolungato.

Santori e gli altri chiamano i vigili, ma prima dei pizzardoni arriva un tizio, probabilmente inviato dal sindaco stesso, a spostare l'auto. La scena viene anche ripresa dalla troupe delle Iene . Resta lì invece, parcheggiata nello stallo disabili della vicina piazza dei Caprettari, un'altra auto bianca che, secondo i tre, sarebbe sempre nella disponibilità del sindaco.

Tra le conseguenze del Pandagate c'è che Marino ha iniziato a nascondersi. Ieri, dopo che martedì il senatore Ncd Andrea Augello lo aveva sbugiardato sulla questione del presunto hackeraggio che avrebbe fatto sparire dal sistema informatico del Campidoglio il suo permesso temporaneo per entrare nel centro storico causando la raffica di multe non pagate, dapprima affettava olimpica indifferenza: «Sono serenissimo, mi sto preparando a ricevere il presidente della Repubblica dell'Austria», come se il rango del suo ospite valesse come salvacondotto. Ma poi disertava la manifestazione per i caduti militari in occasione dell'undicesimo anniversario di Nassiriya, suscitando le ire di Ignazio La Russa: «Il sindaco Marino evidentemente tra i suoi tanti impegni pubblici quali le trascrizioni dei cosiddetti matrimoni gay, non ha trovato il tempo per partecipare alla commemorazione, è riuscito a fare guai anche con la sua assenza». Ma forse il sindaco non voleva spostare l'auto dal parcheggio.

La domanda che tutti i romani di buon senso si fanno è: ma Marino non poteva pagare quelle multe e amen? E non poteva procurarsi un garage? I maligni ricordano le origini genovesi del sindaco, ma quanto rischia di costare quella Panda all'uomo che è riuscito nell'impresa di far rimpiangere ai romani Gianni Alemanno? Ieri da ogni punto cardinale dell'opposizione capitolina si chiedeva la sua testa e anche il Pd ha iniziato a prendere le distanze: «Marino doveva pagare le multe prima e tutto questo non sarebbe successo. Io le multe le pago, a volte pure con la mora», la punturina di Luciano Nobili, vicesegretario renziano del Pd romano a La Zanzara su Radio 24. Intanto la procura di Roma ha disposto nuovi accertamenti a carico della sezione reati informatici del Nucleo Investigativo dei Carabinieri.

Gli esperti dovranno ricostruire tutti i passaggi della presunta intrusione nel sistema informatico denunciata dal sindaco.

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