Politica

Marocchino compra bomba al market dei clan È giallo a Napoli

Simone Di Meo

Un misterioso uomo, proveniente dal Marocco, ha comprato un ordigno radiocomandato dai camorristi di Boscoreale, a pochi chilometri da Pompei, nella provincia sud di Napoli. Un dispositivo potente. «La piccolina ha buttato a terra un muro, ha sfondato tutto quanto. L'ho messa in un canale e l'ho provata. Non l'hai sentito il botto? Boom, è caduto tutto», dice uno dei malavitosi intercettati nell'ambito di un'inchiesta antidroga della Procura di Torre Annunziata.

La «piccolina» è costata circa 2mila euro. Nelle carte giudiziarie non ci sono tanti dettagli sulla trattativa né sul modello. Né sull'acquirente. Sono frasi smozzicate, sussurrate quelle che i carabinieri ascoltano di tanto in tanto negli auricolari. Gli stessi affiliati pare che non sappiano come quel tizio sia arrivato laggiù. Uno dei camorristi si lascia solo scappare, al cellulare, che la bomba si attiva a distanza. «Squilla il telefonino e boom», spiega a proposito delle modalità di innesco.

Nel gran bazar del rione «Piano Napoli», dove opera la gang di trafficanti, si trova di tutto. Oltre alla cocaina e all'hashish, con un buon aggancio si possono facilmente recuperare pistole e fucili mitragliatori. Per le prime bastano 400 euro, il triplo per i secondi. Negli anni scorsi, i carabinieri hanno scoperto veri e propri arsenali nascosti in palazzi abbandonati e anche nelle fogne.

Ma sono la nazionalità dell'acquirente e le caratteristiche tecniche del dispositivo a preoccupare le forze dell'ordine e le agenzie di intelligence perché, finora, ad approvvigionarsi sul mercato della malavita erano state le sole cosche locali. A Boscoreale ci vanno i killer e le vedette che sanno già a chi domandare e quanto pagare. Ma quel marocchino, invece? È legato al terrorismo internazionale? Perché ha rischiato tanto per acquistare in Campania una bomba artigianale da piazzare nel suo Paese a migliaia di chilometri di distanza? Come l'ha trasportata fin lì? Quali sono i canali di comunicazione che si sono aperti tra la criminalità organizzata e il mondo del fondamentalismo islamico nel nord Africa? Chi li gestisce?

Le intercettazioni risalgono al 2011, a cavallo della Primavera araba anche se gli arresti dei narcos sono scattati qualche giorno fa. In Marocco però all'epoca non si verifica una vera e propria rivoluzione, ma solo episodi di protesta nei confronti del re Mohammed VI e del suo governo per rivendicare maggiori libertà costituzionali. Anzi, quello di Rabat è considerato il più moderato dei sistemi politici islamici. Dunque, il marocchino sospettano gli inquirenti può aver mentito ai suoi venditori per nascondere la sua vera identità. E per non lasciare tracce sull'utilizzo della «piccolina».

Di fatto, potrebbe non essersi mai allontanato dall'Italia.

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