Cronache

Marocchino investe la figlia ventenne: "Veste da occidentale"

L'uomo non accettava il modo di vivere della ragazza perché era troppo integrata

Marocchino investe la figlia ventenne: "Veste da occidentale"

Vercelli - Meryan al velo preferisce una canottiera da basket, chi la conosce dice che «vuole essere una ragazza come tutte le altre».

Vent'anni, occhi scuri, mora, una bellezza adolescenziale sbocciata che come tutte le ragazze della sua età ha voglia di indipendenza. È nata in Marocco, ma vive in Italia da quando ha 7 anni: qui ha fatto le scuole e studiato fino al diploma. Venerdì pomeriggio a Livorno Ferraris, comune di poco più di 4300 abitanti nella provincia vercellese, suo padre El Moustafa ha cercato di investirla con l'auto dopo l'ennesima discussione. È stato arrestato con l'accusa di tentato omicidio e maltrattamenti. Lei è finita sull'asfalto ma se l'è cavata con poco: ieri, dopo che tac e radiografia hanno dato esito negativo, è stata dimessa dall'ospedale Sant'Andrea di Vercelli con una prognosi di pochi giorni.

Meryan, che si fa chiamare Miriam, è stata fortunata. Era uscita dal palazzone delle case popolari dove abita con la famiglia, arrivata dal Marocco 15 anni fa, con il suo curriculum in borsa. Diretta alla stazione per prendere un treno alla ricerca di un lavoro. Fuori da quella casa dove da tempo ormai le mancava l'ossigeno, verso una bolla d'aria e di indipendenza tutta sua. Non aveva dato ascolto al padre che pretendeva di accompagnarla: lui le è corso dietro, è salito in auto e in via del Molino ha cercato di investirla.

Miriam gioca come guardia nella prima squadra di basket femminile del paese: la sua prontezza di riflessi le ha permesso di schivare parzialmente l'auto. È comunque stata colpita, finendo sull'asfalto, battendo la testa. Il padre non si è fermato nemmeno davanti a questo: è sceso dalla sua Lancia e le ha ancora vomitato addosso tutta la sua rabbia.

«Non le piaceva il suo modo di vivere come una ragazza occidentale» dicono a Livorno Ferraris. Il ritratto di El Moustafa Hayan è quello di un padre padrone follemente geloso della figlia. Era arrivato a pedinarla quando usciva, non voleva che frequentasse i ragazzi. Pretendeva il controllo assoluto che però non riusciva ad avere davanti alla voglia di indipendenza della figlia. «Una ragazza integrata. Si è sempre data da fare, il fratello e la mamma. Lei il velo lo indossava, Miriam no» è il coro degli amici. Se il padre lavorava saltuariamente, la figlia era già stata in un call center e in un'azienda agricola dopo il diploma. Ora stava cercando un altro impiego per guadagnarsi un altro pezzo di indipendenza.

La situazione e il rapporto con il padre nelle ultime settimane però erano precipitate. Oltre agli insulti erano arrivate anche le botte. La ragazza si era confidata: a farle da scudo alcune compagne di squadra dell'ADBT Livorno Ferraris, l'allenatore e la società. A volte dormiva da loro, altre da dei vicini di casa. E aveva trovato il coraggio di rivolgersi ai carabinieri: lo aveva fatto pochi giorni prima che il padre tentasse di metterla sotto le ruote della sua auto. «Nessuno si aspettava un'escalation del genere ha confermato Gianfranco Falchetti, presidente della ADBT sembrava che la situazione fosse risolvibile». Invece El Moustafa Hayan è salito in auto e ha schiacciato l'acceleratore puntando sulla figlia. «Non c'era sentore di un disagio del genere. Miriam è parte integrante della nostra comunità ha detto il sindaco Stefano Corgnati e con il suo contributo la arricchisce.

Dobbiamo lavorare per tutelare tutte le fasce più deboli per rafforzarci come collettività».

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