Cronaca internazionale

Il Marocco scava e prega. Paura per un'altra scossa

La terra ha tremato ancora. Situazione critica nelle aree rurali, dove scarseggiano anche acqua e cibo

Il Marocco scava e prega. Paura per un'altra scossa

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Si prega e si scava senza sosta, anche a mani nude, per trovare i superstiti, recuperare i corpi delle vittime, seppellire i morti - circa 2200 secondo il bilancio ufficiale del terremoto in Marocco, ma rischiano di essere ben di più -, corpi senza vita che nella tradizione islamica non possono essere cremati, ma devono essere interrati entro 24 ore dalla morte o il prima possibile. Chi si è salvato ma ha perso tutto, a Marrakech, dove l'area più colpita è stata il quartiere ebraico (ma la sinagoga di Mellah si è salvata), ha passato la seconda notte sotto le palme, fuori dalla Medina patrimonio Unesco, o sotto i portici di piazza Ferblantiers, dove migliaia di famiglie hanno creato accampamenti improvvisati e molte di queste si rifiutano di andare via nei campi per sfollati. Tutti temono nuove scosse violente, dopo quella di magnitudo 6.8 che venerdì notte ha sbriciolato interi villaggi in Marocco, epicentro a 70 km a sud-ovest della città, a 16 chilometri del villaggio Tata N'Yaaqoub, provocando anche più di 2400 feriti, 1400 dei quali sono in gravi condizioni, e mettendo in ginocchio le aree dove non a caso si è registrato il più alto numero di vittime: la provincia di Al Haouz, quella di Taroudant e di Chichaoua. La paura è tornata ieri quando un'altra scossa, che ha segnato magnitudo 3.9 sulla scala Richter, è stata registrata in mattinata, un minuto prima delle 10 orale locale, sempre a sud di Marrakech.

La situazione più critica è nelle aree rurali, dove la case sono costruite con mattoni di fango e le strade di accesso ai villaggi restano inaccessibili. Moulay Brahim, destinazione in voga tra i turisti per la sua vicinanza a Marrakech, è un cumulo di macerie. E le vie percorribili che portano all'Atlante, la catena montuosa dove la terra ha tremato in maniera più violenta perché più vicina al fulcro del sisma, sono intasate da una parte dai soccorritori in movimento e dall'altra dalle ambulanze. Ed è proprio nell'Atlante che si trova la famiglia di italiani che si trova nella situazione più complessa, fra i quasi 500 connazionali presenti nel Paese, tutti in buone condizioni e alcuni rientrati già ieri da Casablanca con un volo su Fiumicino. «Le ruspe stanno lavorando intensamente - ha raccontato all'Ansa la nostra connazionale che era in vacanza con il marito e il figlio di 15 anni - Ma a 8 chilometri da qui la frana è grande. Stanno facendo il possibile, ma il lavoro è lungo. Dicono che ce la faranno per questa sera (ieri sera, ndr). Vediamo».

Secondo le Nazioni Unite, a Marrakech sono 300mila le persone che hanno bisogno di aiuto. Ma in tutta l'area colpita mancano medicinali e coperte, nei villaggi sbriciolati scarseggiano acqua e cibo. La Croce Rossa Italiana ha aperto tramite il suo sito web una raccolta fondi per aiutare la Mezzaluna Rossa Marocchina a soccorrere la popolazione e le équipe di Medici senza frontiere sono arrivate nel Paese, sottolineando come il personale sanitario marocchino sia al lavoro da oltre 36 ore consecutive. Un gruppo di medici militari si muoveva ieri Verso Asni, pochi chilometri a sud, per aprire il primo ospedale da campo. Eppure, a sorprendere, nonostante l'offerta di aiuti da decine di Paesi nel mondo, dall'Italia agli Stati Uniti, il Marocco ha deciso per ora di accettare solamente da quattro nazioni: Spagna, Gran Bretagna, Emirati Arabi Uniti e Qatar, anche se Rabat non esclude di aprirsi ad altri aiuti in futuro. Un approccio «responsabile, rigoroso ed efficace» - lo definisce una fonte del governo marocchino, per gestire le richieste di sostegno internazionale collegandole ai bisogni che si presentano sul campo. «Una volta individuata la necessità, comunichiamo con coloro che hanno fatto l'offerta corrispondente a quella necessità per dire loro di fornire quell'aiuto». L'Algeria, nel frattempo, ha proposto un piano urgente di aiuti al vicino terremotato.

Ieri è stato il primo giorno di lutto nazionale proclamato dal re Mohamed VI, che ha chiesto alle autorità e ai cittadini di pregare in tutte le moschee del Regno per la misericordia delle anime delle vittime e ha ringraziato i molti Paesi amici che hanno espresso solidarietà e volontà di fornire assistenza al popolo marocchino.

Sospiro di sollievo e attesa per gli italiani in Marocco, «tutti rintracciati», nessuno dei quali è ferito, e che ieri hanno cominciato a rientrare. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha «ringraziato la nostra sede diplomatica per aver assistito al meglio, anche con un desk in aeroporto, i nostri connazionali a Marrakech».

E ha spiegato di aver messo a disposizione del Marocco, dopo il contatto con il ministro degli Esteri di Rabat a cui ha espresso le condoglianze del nostro Paese, un team di emergenza e sostegno sanitario».

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