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Matteo non fa il bullo, Andrea è saccente e Michele l'arruffapopolo stavolta balbetta

Nessuno dei candidati scalda la platea. Chi si aspettava lo scontro resta deluso

Matteo non fa il bullo, Andrea è saccente e Michele l'arruffapopolo stavolta balbetta

Meno male che non ho il problema delle primarie del Pd. Fossi, e non lo sono, un elettore del principale partito di centrosinistra, sarei visibilmente imbarazzato e resterei a casa. L'ex presidente del consiglio Matteo Renzi è molto meno sicuro di sé che nel passato, perché la ferita del referendum brucia ancora, e ha condizionato l'eloquio e la gestualità bulletta. Al Confronto si presenta ancora in veste istituzionale, come sedesse a Palazzo Chigi, più spigliato che nell'ultima apparizione tv a Matrix. E parla con orgoglio dei risultati del suo governo, sorvolando sulle incertezze e i fallimenti, Alitalia su tutti. Michele Emiliano rinuncia al ruolo atteso da capopopolo, evita la demagogia che gli è congegnale, ma risponde alle domande in maniera incerta. Per chi aspettava lo scontro frontale col suo segretario c'è all'inizio parecchia delusione: la parte dell'antagonista, del cattivo corpulento ma verace, gli sfugge e delude chi aspettava «spargimenti di sangue». In quanto al terzo incomodo, Andrea Orlando, passato da ministro dell'Ambiente a candidato ma pur sempre funzionario di partito, il cuore proprio non lo scalda, noioso e saccente, serio ma mai entusiasmante, al massimo può aspirare a qualche incarico governativo.

Spesso si tratta di differenze minime e capziose, che il telespettatore non capisce e non afferra fino in fondo. Dalle tasse sul web al Jobs act, dagli 80 euro alla patrimoniale, nessuno dice esattamente che vuol fare e lascia aperte diverse porte. Ma solo Orlando sa qual'è il tempo di attesa per una radiografia nella loro regione, a proposito di concretezza.

Renzi usa un linguaggio certo più contemporaneo, come attuale è il suo look - abito ben tagliato, cravatta stretta - o l'intercalare di tecnicismi anglofoni che si porta dietro dalla sua esperienza con i capi di Stato stranieri. Dopo le recenti legnate, sembra comunque in ripresa e dove non arriva la competenza c'è l'astuzia. Anche sulla questione etica del fine vita è sveglio, mentre i competitor inciampano, distinguendo come è giusto tra atteggiamento cattolico in privato e laico al governo.

Tra Matteo e Michele l'antipatia è palpabile, inutile dissimulare, che risale alle vecchie ruggini sulle trivelle in Puglia. Potesse, l'ex governatore e sindaco - il più a sinistra dei tre almeno nell'accezione comune e nell'abbigliamento desueto - prenderebbe di peso il segretario trasferendolo in un altro partito. Andrea, il solo in cravatta rossa, continua a giocare la parte del terzo incomodo, messo lì per fare numero: piacerà però al numero di notabili e professori che ancora compongono l'anima alta del Pd. Prenderà pochi voti, quindi.

Su temi davvero importanti, niente di nuovo: l'immigrazione resterà un dramma, l'integrazione neanche a parlarne. Piacciono le idee di Renzi sull'Europa, l'unico a essersi accorto del bluff di un'Unione ormai fallita. Gli altri due, frasi fatte e formule stranote che non cambieranno di una virgola il numero degli sbarchi clandestini. E sulle alleanze? Con chi e come si governerà? Prima cambiare la legge elettorale, ma tanto non ce la faranno. E allora? Nessuna evoca l'unica soluzione possibile, il governissimo. Resta da capire se farlo con Grillo (lo spera Emiliano) o con il centrodestra (idea nella testa più ragionevole degli altri due). Andrà a finire che le primarie le vincerà Renzi, più su di oltre una spanna, ma sarà pur sempre il candidato di un partito vecchio, bolso, antistorico che lo terrà ancora con le mani legate, nonostante la mini-scissione. Chissà quanto sta invidiando Macron che in pochi mesi si è messo in marcia verso l'Eliseo superando la divisione sinistra-destra. Almeno così pare. Era Matteo il più giovane in Europa, la novità. Ora non più, tornasse al governo sarebbe comunque un già visto, un già sentito. Più che il potere, sono le sconfitte che logorano.

E allora? Visto che queste primarie non servono a nulla e sono entusiasmanti quanto un film coreano in versione originale, mi preparerei a tenermi Gentiloni tutta la vita.

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