Cronache

Una maxi evasione con i buoni regalo

Alla società che vende gli "smartbox" contestati 120 milioni non dichiarati. Il trucco? La sede in Irlanda

Una maxi evasione con i buoni regalo

L'evasione fiscale attraverso gli Smartbox. I cofanetti regalo con cui offrire ad un amico una cena stellata, la vacanza in un resort da sogno, un pomeriggio di benessere e relax in un centro termale. Un'idea semplice e di grande successo, basata sul buono regalo, ma anche un business molto importante che ora finisce nel mirino della Guardia di finanza: i militari contestano alla società 110 milioni di redditi non dichiarati e 12 milioni di Iva mai versata. In totale oltre 120 milioni sfuggiti al fisco nel periodo compreso fra il 2009 e il 2013.

Gli smartbox vengono venduti negli empori delle grande distribuzione: i supermercati Esselunga, gli ipermercati Auchan, le librerie Feltrinelli e Mondadori, le agenzie di viaggio e nel tempo hanno conquistato popolarità, proponendo un nuovo modo di accostare il tempo libero. Ma evidentemente il fascino e l'originalità dell'iniziativa hanno incuriosito anche le Fiamme gialle, in particolare il Secondo Nucleo operativo del Gruppo di Milano che ha studiato l'attività e poi è entrato in azione con controlli a tappeto avvenuti il 7 agosto scorso nelle sedi di Milano e Roma.

Per la Finanza il quadro è chiaro: c'è una maxievasione fiscale. E il meccanismo escogitato per giocare a nascondino con l'erario è quello che finanzieri chiamano la «stabile organizzazione occulta». Di che si tratta?

La Smartbox & Co srl è sulla carta una società totalmente dipendente dalla casa madre irlandese: la Smartbox Experience Ltd. In teoria l'azienda tricolore dovrebbe limitarsi alla semplice fornitura di servizi ausiliari e preparatori, poi tutta l'attività dovrebbe essere compiuta direttamente dagli irlandesi. Ma le cose, sempre secondo i militari, non vanno così: «La società italiana ha partecipato, in modo abituale, ripetuto e decisivo, alla negoziazione e alla conclusione di negozi giuridici vincolanti per la società estera». In poche parole, gli italiani avrebbero piena autonomia. Discutono e firmano contratti con le controparti, intrattengono corrispondenza, mandano e ricevono mail, telefonano e fanno tutto quello che normalmente fa un'azienda a caccia di profitti.

Solo quando si tratta di regolare i conti con il fisco i gestori dell'attività si ricordano del cordone ombelicale che li lega a Dublino e corrono a pagare le tasse in Irlanda. Imposte che sono particolarmente favorevoli e molto più basse rispetto all'Italia. Per i militari, dunque, la Smartbox realizza la cosiddetta «stabile organizzazione occulta che si nasconde all'interno della struttura organizzativa di una filiale». Appunto quella italiana.

In altre parole, i finanzieri ritengono che «la società italiana svolga un'attività strettamente connessa alle vendite ponendo in essere una serie di condotte attinenti il core business e contribuendo pertanto a definire le condizioni contrattuali delle vendite coni clienti italiani in modo abituale e vincolante per la società estera». E, a scanso di equivoci, i militari precisano anche cosa intendano con l'aggettivo vincolante: «La sostanziale e non formale capacità di negoziare con il cliente le parti del contratto senza lasciare all'impresa estera alcun ruolo attivo». Più chiaro di così.

Del resto in questa direzione andrebbe il materiale trovato col blitz del 7 agosto: dalla corrispondenza elettronica ai timbri della casamadre. Ora la partita prosegue alla Procura di Roma. I militari hanno infatti denunciato i responsabili della Smartbox ipotizzando tutta una serie di reati fiscali. L'indagine raddoppia e viaggia ora su due binari: amministrativo e penale. Non è una novità. Il modello della stabile organizzazione occulta è al centro di molti approfondimenti compiuti dalle Fiamme gialle.

E su questo fronte si combattono battaglie sempre più importanti contro l'evasione fiscale.

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