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May: Donald mi disse di far causa all'Europa

La rivelazione della premier inglese alla vigilia di un'altra settimana di passione

May: Donald mi disse di far causa all'Europa

Si apre oggi un'altra settimana di passione per Theresa May. Come se non fossero bastati i dieci giorni passati, in cui ha perso due ministri (l'uomo chiave della Brexit, David Davis, e Boris Johnson agli Esteri). Come se non fosse bastata la delegittimazione di Donald Trump che in un'intervista al Sun ha bocciato la sua soft Brexit e dichiarato che il rivale interno Johnson sarebbe «un ottimo primo ministro». Nel suo viaggio di due giorni in Gran Bretagna, il leader americano alla fine ha avuto parole di stima per Lady May ma la batosta resta. Tanto che nel giorno in cui il leader Usa lascia la Scozia e vola a Helsinki per incontrare Putin anche lei si toglie un sassolino dalla scarpa e svela quali consigli le ha dato il leader Usa che lei alla fine non ha ascoltato: «Invece che negoziare, fai causa all'Unione europea», racconta la premier alla Bbc.

Da oggi Lady May si trova nuovamente fra due fuochi. Da una parte la Camera dei Comuni, che fino a domani discute la legislazione su commercio e dogane legata al pacchetto Brexit, dall'altra i negoziati che ripartono con la Ue. Nel frattempo, un sondaggio di Opinium per l'Observer rivela che i Tory sono in caduta libera. Cinque settimane fa erano avanti di due punti percentuali rispetto all'opposizione laburista e ora si trovano quattro punti dietro al partito di Jeremy Corbyn (40% contro il 36% dei Tory, il divario più ampio dalle ultime elezioni) mentre resuscitano i consensi per l'Ukip (dal 3% all'8%) e l'ex leader Nigel Farage dice di essere pronto a ricandidarsi a guidarlo.

Il libro bianco con il piano di uscita del governo dalla Ue (la proposta di un'area di libero scambio con l'Unione europea) presentato la scorsa settimana per serrare i ranghi del governo e del partito, alla fine ha scontentato tutti. Lo bocciano i Remainers, tra cui pure il laburista Lord Mandelson, ex ministro e Commissario europeo per il Commercio, secondo cui il Regno Unito si sta dirigendo verso una «umiliazione nazionale». Poi ci sono i Tory paladini della hard Brexit, tra cui il loro leader in pectore in Aula, Jacob Rees-Mogg, che accusa la premier di aver totalmente tradito lo spirito della Brexit, tanto che sarebbe meglio uscire senza accordo. Se le opposizioni, come sembra, voteranno contro, basterebbero 7 astensioni oppure 4 voti contrari tra i Tory per evitare che il disegno di legge arrivi alla terza lettura, quella decisiva, dando così un altro durissimo colpo al governo. Eppure la premier ha ancora un paio di assi dalla sua: lo spauracchio di Corbyn a Downing Street e la paura della Ue che al posto di Lady May arrivi a Londra un premier più oltranzista, con il rischio che si arrivi davvero alla rottura. Intanto Johnson prepara il discorso-bomba che terrà in Parlamento mercoledì sulle sue dimissioni e oggi è probabile che esca con un commento al vetriolo nell'intervento settimanale sul Telegraph.

Per cuocere May a puntino prima della pausa estiva.

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