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Mdp in guerra con il Pd che s'aggrappa a Fi I dem: scatta la verifica

Lotti e il Giglio magico costretti a inseguire azzurri e grillini per salvarsi la faccia

Mdp in guerra con il Pd che s'aggrappa a Fi I dem: scatta la verifica

Il ministro dello Sport Luca Lotti e il giglio magico sono salvi. Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e l'amministratore di Consip Luigi Marroni un po' meno. E il renzismo vede nubi nere all'orizzonte. Il voto in Senato sulle mozioni Consip, la centrale unica degli acquisti della Pubblica amministrazione finita nel mirino delle procure di Roma e Napoli per un presunto giro di mazzette e appalti truccati, da un lato, ha riaperto la guerra tra Pd e Mdp, dall'altro, ha certificato la nascita di un nuovo asse tra dem, Forza Italia e il movimento Idea, fondato dall'ex ministro Gaetano Quagliariello. Con i renziani, frustrati e irritati, costretti per salvare la baracca ad accodarsi alle opposizioni.
Al termine di una lunga maratona, segnata da veti incrociati e polemiche, l'Aula di Palazzo Madama ha approvato la mozione del capogruppo del Pd Luigi Zanda in cui si impegna il governo «a procedere in tempi celeri e solleciti al rinnovo dei vertici della Consip». I sì sono stati 185, 76 i no e 5 gli astenuti. La mozione ha avuto il parere favorevole del governo. Il Senato ha dato l'ok anche agli impegni 1 e 3, contenuti in un'altra mozione a firma di Andrea Augello (Idea-Fl) sottoscritta dai senatori del centrodestra. In questo caso i si sono stati 244, i no 17 e 11 gli astenuti. Anche su questi due impegni c'è stato il parere favorevole del governo. Bocciate le mozioni di Mdp Sinistra italiana e Lega nord. Il largo consenso raccolto dalla mozione Augello, votata da Pd, Forza Italia, Idea e centristi, ha fatto riaffacciare in Parlamento l'ipotesi delle larghe intese. Ma la mossa di Augello, in realtà, contiene un veleno che può debilitare il renzismo. I vertici Consip sono congedati con disonore. Nasce una commissione di inchiesta ministeriale, del Tesoro, su tutti gli appalti dell'era Renzi. Ma il pericolo maggiore arriva da Luigi Marrone, amministratore delegato di Consip, che si sente scaricato e fa capire che adesso desidera tanto parlare con i pm.
Sul piano politico, la discussione in Senato non avrebbe dovuto minare la tenuta del governo. Anche perché, in apertura dei lavori, il presidente del Senato Pietro Grasso, facendo irritare Mdp e M5s, ha dichiarato inammissibile, per estraneità di materia, la parte della mozione presentata dal Mdp in cui si parla della necessità per Luca Lotti di rimettere le deleghe da ministro. Eliminato l'ostacolo, la discussione non avrebbe riservato colpi di scena, se non fossero arrivate, puntuali come fucilate sulla maggioranza, le parole, poi ridimensionate dopo il voto finale sulle mozioni, di un altro renziano, Andrea Marcucci: «Il voto su una mozione non può mettere a rischio la vita del governo, però senza dubbio questa presa di distanza di Mdp rispetto al governo Gentiloni mi sembra preoccupante. Credo che il presidente del Consiglio sicuramente si farà carico di una verifica politica, credo ce ne sia bisogno».
I renziani, che attraverso il capogruppo Luigi Zanda avevano chiesto di rinviare la discussione alla luce delle dimissioni del Cda di Consip e la convocazione dell'assemblea dei soci del 27 giugno per eleggere il nuovo board della società controllata dal Mef, hanno provato a spostare su Gentiloni gli effetti del dibattito sul caso Consip.
Il Pd, quindi, ha chiesto al premier una verifica politica. Per valutare da un lato il sostegno reale di Mdp al premier, dall'altro la percorribilità della strada di un rimpasto nella squadra di governo con una maggiore presenza di renziani. Sul primo punto, a rispondere è stato Bersani: «Per noi, di certo, il governo deve andare avanti, ma senza pretendere di chiuderci la bocca».

Sul secondo passaggio, la risposta spettava a Gentiloni, che nel dubbio, tace.

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