Cronache

Il Mediterraneo è un cimitero I morti sono più di settecento

Tre naufragi provocano in pochi giorni una strage di bambini. Una minorenne stuprata ora è incinta

Il Mediterraneo è un cimitero I morti sono più di settecento

Nel Mediterraneo si consuma un'ecatombe colossale. Di ora in ora i numeri dei morti accrescono il già lungo elenco delle vittime delle traversate, e se contare i tanti sbarchi dell'ultima settimana è un fatto arduo, visti i numeri da record con 12mila arrivi in soli 5 giorni, e se ancora computare le salme recuperate è doloroso, sforzarsi di calcolare quanti migranti sono dispersi, che è una parola meno amara per dire che sono morti e non saranno recuperati dal fondo del mare, è pressoché impossibile. E l'Italia accoglie e cerca disperatamente altri posti, e si angoscia per i morti, tra cui tanti bambini, col risultato, peraltro non nuovo, che l'Ue dice che si deve fare di più.

Due stime che danno l'idea dell'enormità della tragica emergenza sono dell'agenzia dei rifugiati dell'Onu, l'Unhcr. Sarebbero oltre 700 le vittime di tre naufragi degli ultimi giorni. Mancano all'appello un centinaio di persone dopo il naufragio di un barcone, mercoledì scorso. A distanza di 24 ore un nuovo naufragio con 500 dispersi. E poi si apprende dai superstiti di una nuova strage. A colare a picco una barca con oltre 500 persone, trainata con una corda da un barcone a motore con altri 500 passeggeri. I superstiti ricordano l'affanno di chi cercava di svuotare il natante che si riempiva d'acqua. Poi lo scafista, il sudanese Adam Tarik, 29 anni, ha deciso di recidere la corda. E ora deve rispondere anche di morte come conseguenza di altro delitto.

La barca è colata a picco. Nessuna speranza per i 300 passeggeri della stiva, tra cui circa 40 bambini. Altri 200 immigrati sono finiti in acqua. Solo 90 sono riusciti a salire sull'altra barca o afferrare la cima tagliata. 15 i corpi recuperati. Non è facile ricostruire queste storie, perché i superstiti sono stati smistati in diversi porti. Le indagini sono partite quando la Mobile di Agrigento ha rinvenuto il corpo di una ragazza con profonde ferite al collo. È morta perché la cima appena tagliata l'ha investita in pieno. Infine c'è il naufragio di venerdì, con 45 corpi recuperati, tra cui tre bimbi dai sei mesi ai due anni, e tanti dispersi.

Tragedie cui non è possibile abituarsi, precedute da storie di terribili violenze consumate nei capanni in cui gli immigrati sono detenuti prima di partire. Ne è emblema una minore giunta a Palermo con 600 compagni di viaggio. Il bimbo che porta in grembo è frutto di uno stupro. «Non è la prima volta che filtriamo casi di minorenni incinte perché vittime di stupro - dice Paola Mazzoni, medico di bordo della nave Bourbon Argos di Msf -. Le violenze sessuali sono certa avvengono anche su ragazzi giovanissimi». Bisogna dire basta. Non si può accettare passivamente quanto sta accadendo, quasi compiacendosi quando - fatto inconsueto - l'Ue storce il naso dinanzi alla tragedia costata la vita a circa 700 persone vicino Lampedusa, e poi dinanzi al corpicino di Aylan di 3 anni riverso sulla battigia di una spiaggia della Turchia. Ma poi cos'è cambiato? Nulla. L'Italia continua a soccorrere senza cercare soluzioni per scongiurare partenze, tragedie e l'emorragia inarrestabile di profughi dall'Africa, mentre il Papa predica di aprire le porte all'altro, ma non quelle di casa propria, e i soliti noti al governo, dalla comodità di una poltrona, fingono che tutto vada bene, puntano il dito contro l'Ue che affronta l'emergenza con distacco, e si beano perché l'Italia è un Paese di cuore. E ci resta la gloria.

Ma viste le ultime bacchettate dell'Ue forse nemmeno quella.

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