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"Meglio il carcere della persecuzione". Intervista a Marcello Dell'Utri

Il fondatore di Forza Italia: "Sogno Silvio quasi tutte le notti. Mi manca moltissimo"

"Meglio il carcere della persecuzione". Intervista a Marcello Dell'Utri

Marcello Dell'Utri, anni 82, ex dirigente d'azienda, fondatore di Forza Italia, ex senatore, ex deputato, ex detenuto, amico del cuore di Silvio Berlusconi. Imputato quasi di professione da una ventina d'anni. Ora i magistrati di Firenze si sono inventati la più cervellotica di tutte le accuse. Dicono che lui sia il mandante delle stragi mafiose del 93.

Come sta, senatore?

«Un po' di febbre. Gestisco la mia vecchiaia. (Ride). Gestisco un cancro. E tuttavia mi sento discretamente bene, anche se la cura mi lascia molto debole. Privo di energie. Non mi lamento».

Lei pensava che i magistrati l'avrebbero lasciata in pace?

«Beh, non credevo che arrivassero a questo punto».

Si è dato una spiegazione sul perché ce l'hanno con lei e Berlusconi?

«Perché c'è una sorta di contrasto assoluto nei confronti miei e di Berlusconi. Un contrasto nato tanti anni fa e che non finisce più».

Che contrasto?

«Tra la magistratura e il presidente Berlusconi. Vogliono dimostrare di avere i muscoli per vincere. La loro è solo una prova di forza. Ma non hanno elementi. Non hanno niente. Solo i muscoli. Non esiste niente di quello che hanno messo in campo. Niente di niente. Solo cattiveria».

È una persecuzione giudiziaria?

«Sì, una persecuzione...».

Per arrivare a cosa?

«Per dimostrare che loro sono i più bravi. A tutti i costi. Neanche la morte di Berlusconi li ha fermati. E ora sono rimasto io esposto a tutte le intemperie».

Hanno messo in mezzo anche sua moglie. Sembra che cel'abbiano con voi...

«Non sembra: è così(ride, ndr). Comunque, tranquilla, ci difenderemo. Io sono ancora vivo perché sono riuscito a crearmi una corazza. Altrimenti non sarei qui a parlare con lei. Ho visto amici e conoscenti lasciarci le penne per molto meno. La cosa che mi dispiace di più è che hanno messo in mezzo anche la mia famiglia. Anche i miei figli. Lei sa che i miei figli non riescono ad avere un conto corrente in banca? Cosa c'entrano loro con la mia carriera politica?».

Le stanno facendo pagare l'amicizia che aveva col Cavaliere?

«Certo, tutto deriva da questa mia amicizia. Ma lei vuole spingermi a lamentarmi? No, io non mi lamento».

È rassegnato?

«No, mi difendo, combatto, ho ottimi avvocati. E spero in un finale positivo. Io sto aspettando il pronunciamento della Corte di Strasburgo che immagino annullerà la condanna per concorso esterno in seguito alla quale ho già scontato cinque anni di prigione».

Lei è convinto che sarà una sentenza a suo favore?

«Beh, la Corte ha già pronunciato una sentenza a favore di Contrada, ex numero due dei servizi segreti, il quale si trovava in una situazione identica alla mia. E la Cassazione ha imposto allo Stato il risarcimento».

Da quanto aspetta questa sentenza?

«Da dieci anni. Forse ci sono dei contrasti anche a Strasburgo, ci sarà chi rema contro, che spera che rinviando possa ottenere qualcosa. Ma una cosa è sicura: sarà una sentenza favorevole a me».

Prima o poi la smetteranno di indagare su di lei?

«Si, forse quando sarò trapassato».

Teme che vadano avanti contro la sua famiglia?

«È un rischio, speriamo di no».

Mi dica la verità: sarebbe mai entrato in politica se avesse saputo quanto le sarebbe costata questa scelta?

«Sono andato dietro al Presidente convinto di fare la cosa giusta. E se si ripetessero le condizioni di allora io lo rifarei. Nella vita uno deve fare quello che pensa sia giusto fare. E poi le conseguenze le deve sopportare. Ho sopportato molte conseguenze ma ho avuto grandi soddisfazioni».

Nonostante gli anni terribili passati in prigione?

«È stato un incubo la galera. Rispetto a quello che fanno adesso era quasi meglio quando stavo in galera».

A che si riferisce?

«Per esempio all'irruzione che mi hanno fatto in casa: è stata forse peggio della galera. Della galera a un certo punto uno se ne fa una ragione. Io l'ho anche usata per fare delle cose buone. Poi finisce. Qui invece non finisce mai».

Ma le accuse contro di lei?

«Balle, balle, assolute. Per questo conto sulla sentenza della Corte europea. Perché sgombri il campo da questa accusa folle di concorso esterno in associazione mafiosa. È un reato che non esiste. Nessun giurista straniero capisce cosa voglia dire».

Cosa risponde a quelli che dicono che Berlusconi l'abbia pagata per il suo silenzio?

«Una inutile ingiuria. Non conoscono né me, né Berlusconi».

Mi dica una cosa che non sappiamo di Berlusconi

«Tante cose non sappiamo. Per esempio si conosce poco la sua generosità. Mi ricordo un fatto del 1974. Stavo ad Arcore. Ci fu la storia di un cameriere che era stato colto con le mani nel sacco. Era uno slavo. E allora la moglie di Berlusconi gli disse: Silvio, dobbiamo licenziarlo. E lui chiese: Ma perché?. E la moglie: Perché ha rubato, non ti sembra un motivo sufficiente?. Se ha rubato - risponde Berlusconi - aveva bisogno. Quanto prende di paga?". La moglie disse una certa cifra che ora non ricordo, e Berlusconi rispose: Troppo poco, certo che poi ruba. Aumentiamogli la paga. Io rimasi allibito, all'epoca. Poi ho capito tante cose. Le assicuro che lui ragionava così. Era un generoso, capiva le debolezze degli altri, e nessuno sa quante persone ha aiutato. Lei non ha idea di quante persone ricevevano un mensile da lui».

Le manca?

«Lo sogno quasi tutte le notti. Un po' lo sogno da vecchio, a volte da giovane. Mi manca moltissimo. Era un grande conforto. Anche negli ultimi tempi, sempre qualche idea, qualcosa di nuovo».

Manca in politica Berlusconi?

«Certo. C'è ancora la sua mano sul partito, ma lui manca».

Tajani riesce a portare avanti lo spirito di Berlusconi?

«Mi sembra di sì. Sta facendo il massimo. È bravo a riprendere la linea di Berlusconi».

C'è una frase, un lessico familiare, una modo dire tra lei e il Cavaliere che le è rimasta impressa?

«L'ora che passa schianta tutto».

Lo aveva visto prima di morire?

«Sì, tre giorni prima che entrasse al San Raffaele».

Cosa si ricorda?

«Ero a colazione ad Arcore. E lui stava scrivendo delle regole per Forza Italia. E poi mi disse: Tu dovresti fare il selezionatore dei prossimi candidati di Forza Italia. Gli dissi: Ma io ormai sono vecchio. Lui insistette: No, no, devi farlo tu. E allora, come sempre, accettai. E lui mi diede dei fogli nei quali c'era scritto cosa fare per rifondare il partito. Naturalmente li conservo».

Si sente accomunato a lui in questa persecuzione giudiziaria che va avanti?

«Sì, accomunati nelle false accuse. Nelle false testimonianze. Lei capisce? Ci accusano per le stragi! È una follia. È spaventoso».

E i soldi sequestrati?

«Me li ridaranno, vedrà.

Però dopo che sono morto».

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