Parigi brucia

La mente dei blitz con la faccia da bravo ragazzo

Si chiama Benghalem e ora è in Siria. Abaaoud, ucciso mercoledì, era "solo" il capo operativo

La mente dei blitz con la faccia da bravo ragazzo

Abdel Hamid Abaaoud, ucciso mercoledì nel blitz dei corpi speciali, dopo la carneficina di Parigi del 13 novembre era il capo operativo delle cellule del terrore nel cuore dell'Europa, non la mente. Il vero stratega degli ultimi attacchi dal museo di Bruxelles, a Charlie Hebdo fino alla mattanza nella capitale francese si chiama Salim Benghalem e sarebbe ancora vivo in Siria, nonostante i primi bombardamenti francesi puntavano ad eliminarlo.

Due fonti investigative di Parigi hanno rivelato alla Radio nazionale (Npr) che Benghalem «ha diretto Abdel Hamid Abaaoud e un cittadino belga nell'orchestrare la strage di Parigi».

Trentacinque anni, nella lista nera americana dei 10 terroristi da eliminare in Siria, la vera mente dell'attacco è ricercato dal maggio scorso con un mandato di cattura internazionale della magistratura d'Oltralpe.

Faccia da bravo ragazzo è considerato il principale reclutatore dei volontari francesi della guerra santa in Siria e Irak, che sono 1600. Parigi ha il primato del numero più alto di foreign fighters in Europa. Fra l'8 e 9 ottobre i caccia d'Oltralpe hanno bombardato il suo campo di addestramento vicino a Raqqa, la «capitale» siriana dello Stato islamico. L'obiettivo era Benghalem, ma in realtà non sarebbe stato nel suo quartier generale scampando per un soffio alla morte. L'attacco e l'intervento francese in Siria devono aver attivato la rappresaglia del terrore a Parigi preparata da tempo. Gli americani lo hanno soprannominato il «Jihadi John» francese, dal nome del boia del Califfato che tagliava la gola agli ostaggi. Benghalem è stato riconosciuto in diverse esecuzioni e ha tenuto sotto sequestro alcuni giornalisti francesi rapiti in Siria.

L'antiterrorismo lo aveva già collegato ai fratelli Kouachi, che hanno seminato morte e terrore nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo lo scorso gennaio a Parigi. Non solo: Benghalem era il mentore di Mehdi Nemmouche, il francese che nel maggio dello scorso anno ha ammazzato quattro persone nel museo ebraico di Bruxelles.

La vera mente degli attacchi in Europa è nato a Cachan, una banlieue a Sud di Parigi, quarto di sette fratelli. A 17 anni ha abbandonato la scuola ed è finito nel traffico di droga. Nel 2001 è fuggito in Algeria, patria di origine dei genitori, per sfuggire alla giustizia. Una volta tornato a casa è finito dietro le sbarre per cinque anni come criminale comune. In carcere ha conosciuto Mohamed El-Ayouni, veterano jihadista, che già ispirava la cosiddetta banda islamica del Buttes-Chaumont, in un quartiere di Parigi, ad andare a combattere in Irak nella prima metà degli anni duemila. Del gruppo facevano parte i fratelli Kouachi futuri carnefici di Charlie Hebdo. Benghalem si è radicalizzato in carcere ed una volta uscito ha partecipato al fallito tentativo di far evadere Smaïn Ait Ali Belkacem un famoso jihadista responsabile degli attentati alla metropolitana di Parigi del 1995. L'aspirante terrorista è stato interrogato, ma rilasciato per insufficienza di prove. Poi è andato ad addestrarsi nello Yemen con uno dei fratelli Kouachi.

Nel 2012 è partito definitivamente per la Siria aderendo al Califfato e portandosi dietro la moglie, che ha dato alla luce il primo figlio in zona di guerra. Fra febbraio e marzo Benghalem sarebbe rimasto ferito in un attacco aereo della coalizione. Forse ha perso una gamba, ma è sopravvissuto. In un filmato di propaganda loda l'attacco a Charlie Hebdo ed invita «i fratelli a lanciare attacchi nel cuore dell'Occidente ammazzando gli infedeli».

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gliocchidellaguerra.it

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