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Mes, l'Italia tiene duro: prima il Patto di Stabilità

Molinari (Lega): "Il 14 dicembre non sarà discusso alla Camera". Per il governo l'ok rientra nel processo di modifica dei trattati

Mes, l'Italia tiene duro: prima il Patto di Stabilità

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«Il patto di Stabilità è lontano dall'essere concluso e penso proprio che il 14 dicembre non discuteremo di Mes». Il capogruppo della Lega alla Camera ieri ha annunciato che la maggioranza non intende procedere alla ratifica del Mes nello stesso del giorno del Consiglio Ue che dovrà sbloccare l'impasse sulla modifica del Trattato di Maastricht. «Il ministro Giorgetti - ha aggiunto Molinari - ha fatto giustamente presente che è in calendario, ma esistono provvedimenti che vengono prima». La Lega resta contraria all'approvazione delle modifiche al trattato istitutivo del Fondo salva-Stati perché «è uno strumento superato, ma aspetteremo di capire le indicazioni della presidente Meloni in merito».

Anche il ministro degli Affari Ue, Raffaele Fitto, ha confermato che il governo intende valutare quali saranno gli esiti del vertice di giovedì e venerdì prossimi a Bruxelles per esprimersi sul Meccanismo europeo di Stabilità, nome per esteso del Mes. «È un pezzo di ragionamento ampio, andrei per ordine, vediamo in questo Consiglio Ue cosa si definisce». Insomma, la posizione dell'esecutivo non cambia rispetto a quanto ufficializzato in questi mesi. Non solo la ratifica del Mes è parte di un processo di modifica dei Trattati che va affrontato complessivamente, ma queste modifiche non possono essere penalizzanti per il nostro Paese altrimenti l'Unione europea non avrà né il nuovo Patto di Stabilità né il Mes il cui scopo principale è fungere da «serbatoio» per il Fondo unico di risoluzione delle crisi bancarie.

La questione non è semplice. La maggioranza è sostanzialmente contraria al salva-Stati in quanto tale. Accedere a un suo prestito, infatti, significa ammettere il default. L'Italia, nella malaugurata ipotesi di ricorso, non è ammissibile a una linea di credito a condizionalità semplificata, avendo il debito/Pil sopra il 60%, e dunque si sottometterebbe alla Troika europea. Proprio la «valutazione di sostenibilità» del debito è il nodo che ha determinato il continuo rinvio della ratifica del Trattato siglato dal governo Conte II a inizio 2021. Il Mes, infatti, in quanto creditore privilegiato può imporre la partecipazione del settore privato alla ristrutturazione di un debito pubblico ritenuto, appunto, non sostenibile.

Le modifiche in corso di discussione sul Patto di Stabilità paiono giustificare questi orientamenti, distinguendo tra Paesi con debito/Pil superiore al 90% cui viene imposta una correzione del debito/Pil dell'1% annuo, del deficit/Pil dello 0,5%. Una volta che quest'ultimo sia tornato al 3%, si impone il raggiungimento di un cuscinetto di deficit/Pil all'1,5% per avere margine di manovra in caso di crisi. L'Europa, pertanto, più che un'Unione solidale diventa una sorta di Torquemada dei conti pubblici. Va da sé che in un simile contesto non sarebbe nemmeno possibile concludere gli investimenti del Pnrr che l'Italia, insieme alla Francia, cerca di salvaguardare.

Ecco perché il governo punta ad accoppiare la ratifica a una clausola che vincoli un eventuale ricorso a un voto del Parlamento. Dire sì ora, invece, significherebbe perdere un'arma da usare nel confronto sul Patto. Una circostanza che anche ieri l'opposizione ha continuato a ignorare.

Considerata l'esigenza di approvare la manovra, pertanto, se ne riparlerà a Natale o addirittura a gennaio.

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