Brexit

Dopo mesi di urla e veleni ora il vento soffia per l'Ue

I bookmaker danno il "no" alla Brexit in netta rimonta. Ma è polemica sui toni della campagna referendaria

Dopo mesi di urla e veleni ora il vento soffia per l'Ue

Prima l'appello alla «tolleranza» del premier David Cameron contro le «divisioni». Poi l'avviso del leader laburista Jeremy Corbyn: «Non permetteremo alla gente che sparge odio e veleno di dividere la nostra società». Lo sgomento per l'uccisione della deputata laburista Jo Cox per mano di Thomas Mair, squilibrato con simpatie neonaziste, pervade il Regno Unito, scuote Westminster e unisce inevitabilmente governo e opposizione in un sonoro «no» alla violenza e in una chiamata alla difesa della democrazia e della libertà di espressione. La prova di unità è culminata nel gesto simbolico dei due leader Cameron e Corbyn, arrivati ieri a Birstall, sul luogo del delitto poco lontano da Leeds, nel Nord dell'Inghilterra, per deporre insieme un mazzo di fiori. Una manifestazione di compattezza che proseguirà lunedì nel tempio della politica inglese, a Westminster, con la seduta straordinaria del Parlamento proposta da Corbyn per ricordare la vittima.

L'unità è il risultato, prevedibile, di un omicidio che ha avuto come primo effetto quello di suonare improvvisamente la sveglia all'intera classe politica inglese. Così magicamente, con la campagna referendaria sospesa per il secondo giorno di fila, a meno sei dal referendum del 23 giugno in cui gli inglesi decideranno tra il «remain», la permanenza nell'Unione europea, oppure il «leave», cioè l'uscita contro la quale si batteva Jo Cox, il dilemma Brexit si dilegua per qualche ora dal dibattito pubblico. Salvo poi riemergere di fronte a un'altra evidenza, i primi dati che confermerebbero il secondo effetto prevedibile del delitto: lo spostamento di consensi a favore dell'Unione. «Betfair», gigante delle scommesse online nel mondo, rileva che il sostegno alla Brexit è calato di circa il 10% nelle ventiquattrore dopo l'omicidio (erano al 43% circa e sono scese al 33%). Numeri orientativi, registrati da altri bookmakers, ma che confermerebbero le previsioni degli analisti, convinti che la tragedia piombata sulla campagna elettorale frenerà in maniera decisiva le speranze del fronte anti-Ue.

Ma il vero paradosso di questo voto macchiato dal sangue della parlamentare che difendeva le ragioni dell'Europa sta proprio nel suo possibile esito, cioè la vittoria, ora più probabile, del fronte europeista. Una vittoria all'orizzonte che ha il sapore, tuttavia, di una sconfitta politica. Un flop declinato su molti fronti. Perché da questa campagna elettorale esce malconcio il premier Cameron, l'uomo che ha voluto a tutti i costi il referendum per arginare la minaccia estremista dell'Ukip di Nigel Farage e che invece quella minaccia sembra averla fatta esplodere (e non a caso Farage in queste ore è al centro di una denuncia alla polizia per un manifesto anti-immigrati considerato razzista). Contro il primo ministro anche l'aggravante di aver alimentato la spaccatura all'interno del suo partito, che sulla Brexit si è fortemente diviso e ha alzato parecchio i toni. Alla fine, probabilmente, Cameron la spunterà sul rivale interno Boris Johnson ma il risultato è una campagna referendaria in cui invece di convincere gli inglesi degli eventuali benefici della propria scelta - pro o contro la Ue - si sono sventolati soprattutto possibili disastri e scenari catastrofici, dal rischio di una guerra in Europa (Cameron) a quello di restare sotto una dittatura europea in stile hitleriano (Johnson).

L'unico a uscire apparentemente indenne dalla battaglia è il laburista Corbyn, accusato finora di rimanere troppo defilato nella campagna pro-Ue e ricomparso in queste ore sotto i riflettori come leader del partito a cui appartiene la vittima simbolo del barbaro attacco alla democrazia. Eppure, a conti fatti, anche Corbyn fa una figura grama.

Jo Cox, in prima linea a favore della Ue, è scesa in campo per difendere l'idea di Europa in cui credeva molto più di quanto non abbia fatto il leader del Labour.

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