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Il Messico senza vergogna I bambini migranti marchiati con un numero

Al confine con gli Stati Uniti gli agenti scrivono sulle braccia di chi fugge. E il video scatena la rete

Il Messico senza vergogna I bambini migranti marchiati con un numero

New York Numeri scritti in serie sul braccio, che immediatamente evocano la drammatica pratica dei campi di sterminio nazisti. Le immagini diffuse dalla rete Msnbc dei bambini migranti al confine tra Messico e Stati Uniti, che alzano le maniche di felpe e giubbotti per mostrare il marchio effettuato con un pennarello scuro, stanno scatenando un'ondata di orrore e sdegno in rete.

Si tratta di un metodo utilizzato dagli agenti della frontiera messicana (non dagli americani) nella città di Juarez, per schedare i minori che insieme alle famiglie tentano di attraversare il confine verso gli Usa.

Inoltre, ad adulti e bambini vengono consegnati moduli compilati a mano con le loro generalità. Il video dei piccoli migranti «marchiati», arrivati con la carovana al confine insieme ai parenti, è diventato virale ed è stato rilanciato da diversi media internazionali, suscitando un'ondata di indignazione anche sulla stampa israeliana, a partire da Haaretz e Jerusalem Post. Il trattamento delle persone alla frontiera meridionale degli Usa e la linea dura sull'immigrazione dettata dal presidente Donald Trump sono tornati negli ultimi giorni al centro del dibattito, dopo la tragica morte di Jakeline Caal. La bimba di 7 anni del Guatemala è deceduta poco dopo essere stata fermata dalla polizia di frontiera nel deserto del New Mexico: aveva appena attraversato il confine con il padre, e faceva parte di un gruppo di 163 migranti presi in custodia dagli agenti del US Customs and Border Protection (Cbp).

Circa otto ore dopo essere stata fermata, a Jackeline è venuta la febbre a 40 e ha iniziato ad avere le convulsioni. A meno di 24 ore dal trasporto in elicottero al Providence Children's Hospital di El Paso, in Texas, è morta per arresto cardiaco.

I media in seguito hanno diffuso una dichiarazione delle autorità statunitensi secondo cui la minore era disidratata e non mangiava nè beveva da giorni, ma il padre Nery Caal, attraverso un portavoce, ha raccontato una versione diversa.

L'uomo ha spiegato che Jackeline ha mangiato e bevuto acqua potabile durante gli oltre 3.200 chilometri di viaggio percorsi dal centro del Guatemala e poi attraverso il Messico. «Mia figlia stava bene, ha ricevuto cibo e liquidi», ha detto Nery secondo quanto riferito da Ruben Garcia, direttore della El Paso's Annunciation House, un'organizzazione no profit che aiuta i migranti.

«É stato molto chiaro sul fatto che la figlia era in salute, e voleva veramente andare con lui negli Stati Uniti», ha aggiunto Garcia. «Non aveva mai visto un grande paese ed era felice», ha raccontato da parte sua la madre della bimba, Claudia Maquin, sottolineando che il marito voleva recarsi negli Usa per trovare una via d'uscita dalla situazione di «povertà estrema» in cui si trovavano.

Intanto, un avvocato della famiglia Caal ha fatto sapere che i parenti di Jackeline chiedono un'indagine «obiettiva e approfondita» sulla sua morte.

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