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La mia notte di paura tra gli extracomunitari. Così i militari mi hanno salvata in stazione

Il racconto (a lieto fine) di ore di terrore in attesa del bus per l'aeroporto

La mia notte di paura tra gli extracomunitari. Così i militari mi hanno salvata in stazione

Una sera di inizio novembre del 2017 sarei potuta diventare una delle tante vittime della stazione Centrale. Ho prenotato un volo per la Puglia alle 6,15 del mattino del 7 novembre. Sono ancora poco avvezza al degrado e alle dinamiche che si sviluppano in stazione Centrale, quindi scelgo di partire da casa già la sera prima. La mia navetta per Orio al Serio parte dalla stazione alle 4 circa: è impossibile trovare altre soluzioni. Arrivo in stazione dopo mezzanotte: fuori piove e decido di restare al piano binari in attesa che si faccia l'ora di dirigermi verso lo scalo bergamasco. Non so che, una volta arrivato l'ultimo treno, l'edificio ferroviario viene chiuso. Sono arrivata in Lombardia da poco, non frequento Milano con regolarità e nessuno me l'ha mai spiegato.

Per questo motivo, quando poco dopo l'una del mattino la sicurezza mi invita a uscire dalla stazione, rimango sorpresa e spiazzata dal nuovo corso degli eventi. Mi ritrovo completamente da sola, in piena notte, in una città che conosco ancora poco. È una situazione che percepisco essere di forte pericolo ma non riesco ad averne piena contezza. Tuttavia, la minaccia si concretizza pressoché subito, quando si avvicina a me un gruppo di stranieri.

Non ho nemmeno il tempo di rendermi realmente conto di quanto potrebbe accadere da lì a qualche attimo, perché vengo trascinata all'interno dell'edificio ferroviario da uno dei militari in presidio. Il soldato, fortunatamente, assiste a quella scena e interviene prontamente per scongiurare le prevedibili conseguenze di quella situazione. Trascorro il resto di quella notte con i militari e gli agenti di polizia dentro la stazione deserta, seduta su uno dei gradoni in marmo delle scale dell'atrio, che solitamente sono affollate.

Arrivata l'ora di partire in direzione dell'aeroporto, chiedo che mi vengano aperti i cancelli per raggiungere gli stalli delle navette. Ma, in quel breve tragitto, si ripete quasi la stessa identica scena di qualche ora prima. Vengo nuovamente avvicinata da uno degli stranieri che vive lì, tra la piazza antistante e le strade adiacenti. Ancora una volta è un intervento esterno a evitare il peggio, perché arrivano i militari e gli agenti di polizia a salvarmi da un secondo pericolo concreto. Per assicurarsi che riesca a prendere l'autobus, due di loro mi scortano fino allo shuttle aeroportuale, accertandosi che io sia in sicurezza prima di tornare in stazione. Ammetto di essere stata fortunata a differenza della ragazza marocchina che tra mercoledì e giovedì notte è stata abusata più volte da un suo connazionale, irregolare in Italia. Lei avrebbe dovuto prendere il treno che, attorno alle 6 del mattino, parte dalla stazione Centrale in direzione di Parigi. È arrivata a Milano dalla Norvegia appena qualche giorno fa e anche lei ha deciso di presentarsi in stazione con largo anticipo. Forse, come me, ha fatto questa scelta perché impossibilitata dal raggiungerla nelle ore successive.

Probabilmente, nemmeno lei è stata informata del fatto che la stazione Centrale a una certa ora chiude i suoi cancelli e che là fuori c'è solo l'inferno.

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