Economia

Il mini-scudo fiscale fa evitare il carcere e vale cinque miliardi

Con la voluntary disclosure approvata dalla Camera non si applicherà l'autoriciclaggio. Si aspetta il via libera del Senato

Il mini-scudo fiscale fa evitare il carcere e vale cinque miliardi

Chiamatelo «mini-scudo». La proposta di legge sulla voluntary disclosure (autodenuncia o, meglio, «collaborazione volontaria»), approvata giovedì dalla Camera e ora in lista d'attesa al Senato, è molto differente dai provvedimenti analoghi che l'hanno preceduta. Principalmente per un motivo: non è a buon mercato e l'unica vera copertura che fornisce è quella dalla punibilità per il reato di autoriciclaggio, introdotto contestualmente alla sanatoria.

Innanzitutto, occorre ricordare le modalità per aderire alla voluntary disclosure . Il meccanismo di rientro avverrà su richiesta esplicita e spontanea del contribuente (persona fisica o socio di società di persone) relativamente a redditi di capitale percepiti all'estero e non dichiarati. La richiesta potrà essere depositata entro il 30 settembre del 2015 per violazioni commesse fino al 30 settembre 2014. Come detto, lo «sconto» non riguarda le imposte, che dovranno essere versate per ogni anno di evasione (fino a 5 anni indietro, 10 se il capitale è esportato in paradisi fiscali inseriti nella black-list), ma le sanzioni e gli interessi. Considerato che questo tipo di contribuenti ricade in aliquota Irpef del 44% il bonus è irrisorio: per 50mila euro evasi sia nel 2009 che nel 2010 (100mila euro totali) si può arrivare a pagare fino a 80mila euro. Insomma, non si tratta di una sanatoria proprio a buon mercato anche se, grazie a un emendamento di Daniele Capezzone (Forza Italia) sarà possibile rateizzare gli importi. Saltare un versamento, però, farà perdere il beneficio. Il vero «guadagno» è rappresentato dall'evitare la galera perché la voluntary disclosure rende non perseguibili per il nuovo reato di autoriciclaggio che la Camera ha esteso anche al reimpiego per fini personali, cioè alla quasi totalità dei casi di evasione. Le pene arrivano a 4 anni, a 8 anni se i reati connessi sono punibili sopra i 5 anni (estorsione, usura, eccetera).

Ma lo spettro della gattabuia sarà sufficiente a promuovere un'adesione massiccia a questa procedura? Va da sé che, prima o poi, la Svizzera (dove è occultato circa l'85% dei 200 miliardi proventi di evasione) firmerà il trattato con l'Italia finalizzato allo scambio di informazioni. Da quel momento nessuno sarà più al sicuro, anche se le recenti polemiche tra il ministro dell'Economia Padoan e la sua omologa Widmer-Schlumpf fanno pensare che l'accordo non sarà finalizzato a breve.

In realtà, la voluntary disclosure serve molto di più al governo per aumentare il flusso di cassa in periodo di varo della legge di Stabilità. Se l'anno prossimo le entrate aumenteranno conseguentemente alla regolarizzazione dei capitali, alcune spese della manovra troveranno più facile copertura (ancorché non sia possibile mettere a bilancio una sanatoria in quanto si tratta di proventi incerti). Ieri il direttore dell'Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, ha salutato con favore l'avvento della “collaborazione volontaria”. «Credo che in termini di capitale si tratti di qualche miliardo pesante e anche d'imposte, parecchia roba», ha detto senza però snocciolare cifre.

Non resta che fidarsi delle simulazioni degli analisti. Secondo Banca Akros, la voluntary disclosure non farà emergere i 100 miliardi dell'ultimo scudo fiscale di Tremonti, che aveva un'aliquota del 5% e che invogliò parecchi a sanare la propria posizione. «Prevediamo che l'operazione possa riguardare all'incirca 30 miliardi di euro», sostengono gli esperti. Il gettito aggiuntivo per l'erario potrebbe, perciò, superare di poco i 5 miliardi. Gli analisti ritengono che, a livello borsistico, l'istituto che dovrebbe maggiormente beneficiare della voluntary disclosure sia Banca Generali, che già a inizio 2014 si era preparata al nuovo regime. Poi, il passaggio tra i governi Letta e Renzi ha rallentato di circa 8 mesi tutto l'iter.

Al di là dell'esecrabilità, anche morale, dell'evasione (sebbene la stessa Orlandi abbia detto che «la complessità del sistema è un'istigazione a delinquere»), vale la pena di perdere in un sol colpo tutto il «tesoretto» accumulato solo per incorrere nel braccio duro della legge? In fondo, anche il reato di dichiarazione fraudolenta già esistente è punito con la reclusione. Ecco, quindi, che i consulenti più smaliziati hanno iniziato a suggerire nuovi «porti sicuri». Se Lugano non va più bene e se anche Singapore conta di diventare trasparente, resta Dubai.

Lì negli Emirati il segreto bancario è ancora una cosa seria.

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