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Minniti: "L'Italia non diventi l'Ungheria del Mediterraneo"

Marco Minniti critica già la linea di Matteo Salvini: "Non distrugga il nostro modello antiterrorismo e antisbarchi"

Minniti: "L'Italia non diventi l'Ungheria del Mediterraneo"

A poche ore dal "passaggio di consegne" con il suo successore, l'ex ministro degli Interni Marco Minniti critica già la linea espressa da Matteo Salvini sul tema dei rimpatri e della gestione dell'immigrazione clandestina.

"L'Italia ha sempre coltivato il dialogo tra Est e Ovest, ma non è mai stata un Paese dell'Est al confine con l'Ovest", dice l'ex titolare del Viminale in un'intervista al Corriere, "Non possiamo diventare un'Ungheria al centro del Mediterraneo. Penso innanzitutto all’idea di società, in contrasto con quella tradizionale che definisce la società italiana. Il pentapartito populista ha un' idea della società chiusa. Chiusa nella dimensione virtuale: il sacro blog. Chiusa nella dimensione fisica: l'idea del confine come separazione dagli altri, anche a livello internazionale. La nostra identità contro quella altrui, il nostro gruppo contro un altro gruppo. Tutto questo può portare allo slittamento di valori e di funzione del nostro Paese. Una separazione non tanto dai riti barocchi di Bruxelles, che non piacciono neanche a me, ma dai valori fondamentali che ci legano all'Europa e ai nostri alleati storici".

E critica la politica dei respingimenti e delle espulsioni promessa da Salvini: "E come si fa? I flussi migratori non si possono cancellare", sottolinea, "Si possono governare. Ed è quel che abbiamo fatto. Siamo all’undicesimo mese consecutivo di riduzione degli arrivi. Rispetto al primo luglio del 2017 sono arrivati 122 mila migranti in meno. Nessuna espulsione è possibile senza una rete di rapporti internazionali. Affinché ci sia un Paese che espelle, ci dev’essere un Paese che riaccoglie. Questa rete di rapporti esiste. Abbiamo costruito un modello affrontando la questione sull’altra sponda del Mediterraneo. Abbiamo fatto 25 mila rimpatri volontari assistiti grazie alla collaborazione con la Libia e con le organizzazioni umanitarie dell’Onu, che prima in Libia non c’erano e ora ci sono. La frontiera più importante è quella meridionale della Libia. È fondamentale il rapporto con i Paesi nordafricani e centrafricani, anche per fermare i foreign fighters dell’Isis che tentano di tornare a casa.

Ma se offendi quei Paesi e i loro cittadini, se fai saltare la rete, se pensi di riportare tutto quanto in Italia, rischi l’eterogenesi dei fini: pensi di migliorare una cosa, e la peggiori".

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