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Miracolo a 5 stelle: scontentare tutti

Beffa per giovani e anziani

Miracolo a 5 stelle: scontentare tutti

Il governo più giovane della storia ha partorito la manovra più anziana. Un paradosso controgenerazionale. Tutto ci si sarebbe aspettati dai gialloverdi, fuorché una finanziaria che nascondesse nello sgabuzzino i propri coetanei. Cioè quei fantomatici e invisibili millennials, generazione alla quale per questioni anagrafiche appartiene anche il vicepremier e ministro allo Sviluppo economico Luigi Di Maio. Ci spieghiamo meglio: da sempre, una buona parte dei documenti di programmazione finanziaria viene dedicata all'occupazione giovanile. Allo sviluppo. Al benessere economico delle generazioni che verranno. Beninteso: queste dichiarazioni di intenti sono state più volte disattese. Ma almeno lo sguardo era puntato nella giusta direzione: il futuro. La prima manovra bollinata dai millennials, invece, li esclude. Tartassa la mezza età, scippa la pensione (di bronzo, non d'oro, diciamo la verità) ai «vecchi» e non porta vantaggio ai giovani. Ci perdono tutti. Carlo Maria Cipolla, descriveva così lo stupido: «Chi causa un danno ad un'altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita». Forse aveva dato un'occhiata ad alcune parti del Def.

Uno dei punti nodali, infatti, è l'introduzione della quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi). Nelle intenzioni dell'esecutivo un giusto premio a chi ha lavorato una vita e un'opportunità per creare nuovi posti di lavoro: io me ne vado in pensione e ti lascio il mio posto. Addirittura, nelle stime ottimistiche di Di Maio, a un'uscita dovrebbero corrispondere tre entrate. Troppo facile. Previsione smentita da tutti gli esperti: i settori che pensionano non coincidono con quelli che assumono. E i giovani restano col cerino in mano. Anche perché le misure per l'occupazione giovanile, nel Def, sono praticamente tutte appese a questo fantomatico turnover. Poi i «giovani» si dissolvono nel nulla, dimenticati da altri giovani, più fortunati di loro, che scrivono il futuro dell'Italia sulle loro spalle. E non è un modo di dire. Trentenni che fregano trentenni. Basti pensare che, secondo le stime dell'Inps, la sola cancellazione delle legge Fornero costerà alle future generazioni attorno ai cento miliardi. Ci penseranno loro. Tutto a babbo morto. Anzi, a millennials invecchiato. Non solo. Gli incentivi per i giovani imprenditori sono quelli di sempre, se non meno. Il governo più digitale della storia repubblicana spende poche parole, e nessun numero, sulle start up. Niente di nuovo neppure nel campo della scuola e della formazione. E persino sulla banda larga e sull'informatizzazione - colonna vertebrale dello sviluppo economico del Paese - si trovano poche novità se non un vago riferimento allo sviluppo dell'intelligenza artificiale.

Certo, obietterà qualcuno, c'è il reddito di cittadinanza che in larga misura pioverà in testa proprio ai più giovani, a coloro i quali non hanno ancora trovato un'occupazione. Altro provvedimento - dall'odore stantio di assistenzialismo - che non crea occupazione. E, per di più, ci precipita in un paradosso. Ai giovani diamo la cosa più vecchia alla quale possano ambire: una pensione. E non un lavoro.

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