Politica

Il mirino si sposta su Casaleggio: zuffa tra deputati alla Camera

Dissidenti critici sulla quota a Rousseau. Lite tra grillini

Il mirino si sposta su Casaleggio: zuffa tra deputati alla Camera

La poltrona di Luigi Di Maio è quasi salva. Ora traballa quella di Davide Casaleggio. La rivolta di parlamentari e attivisti grillini va dritto contro il figlio del fondatore del Movimento. E punta a ridimensionare il potere di Casaleggio jr: dall'ingerenza dell'associazione Rousseau (presieduta da Casaleggio) nelle scelte politiche alla totale assenza di trasparenza nella gestione dei fondi dei gruppi parlamentari. Fino agli uomini fidati di Casaleggio, Pietro Dettori, Cristina Belotti e Massimo Bugani, piazzati nei posti chiavi di ministero e Palazzo Chigi. I parlamentari grillini vogliono la testa di Casaleggio, più che quella del capo politico.

Due giorni fa, tra i parlamentari è circolato anche un documento di fuoco, poi bloccato, che puntava a mettere in discussione il ruolo di Casaleggio. Contro il presidente di Rousseau la fronda di dissidenti è numerosa. La guerra si muove su due fronti: la gestione economica e le nomine. Sul primo punto, i parlamentari chiedono di rivedere i meccanismi che regolano il rapporto tra Movimento, gruppo parlamentare e un'associazione privata. Nel mirino non c'è solo la quota, 300 euro, che deputati e senatori versano mensilmente a Casaleggio senza aver alcun potere di controllo. Ma anche la penale, che in caso di addio al gruppo, i parlamentari devono pagare. E poi la richiesta continua di soldi al gruppo in caso di eventi e iniziative politiche. I parlamentari più che della linea politica sono stufi di essere trattati come un bancomat dal figlio del fondatore del Movimento.

Seconda accusa: la scelta di piazzare tutti uomini della Casaleggio nell'entourage di Di Maio e degli altri ministri. Pietro Dettori, Cristina Belotti e Massimo Bugani, passati dall'associazione privata di Casaleggio ai vertici dei ministeri, sono finiti sul banco degli imputati. «Un potere che si estende e condiziona - secondo i parlamentari in rivolta anche i lavori in aula: dalla scelta degli interventi alla comunicazione dei singoli deputati. Se dall'assemblea, Di Maio ne esce quasi salvo, Casaleggio jr rischia, al contrario, di essere il vero capro espiatorio. E c'è il fondato sospetto che, chiuso il discorso sulla leadership, il fuoco si sposti su Casaleggio.

L'insofferenza ha toccato il picco due giorni fa a Montecitorio, durante il dibattito in aula sul decreto sanità per la Calabria: due parlamentari calabresi, Federica Dieni e Francesco Forciniti sono venuti quasi alle mani con il capogruppo grillino Francesco D'Uva e i delegati d'aula Davide Zanichelli e Massimo Enrico Baroni. Motivo? I due parlamentari Dieni e Forciniti avevano deciso di parlare senza l'autorizzazione, facendo prolungare la discussione oltre le 13. Mentre D'Uva aveva promesso alla Lega di chiudere i lavori entro quell'orario. Il richiamo di Zanichelli e D'Uva ha scatenato la reazione dei due colleghi, che evidentemente avevano un interesse politico a parlare di questioni legate al proprio territorio. Ma evidentemente il capogruppo dei Cinque stelle ha avuto paura, a sua volta, di ricevere una ramanzina da parte dei leghisti.

E ora, con i nuovi dati elettorali usciti dal voto per le Europee, meglio non far arrabbiare il Carroccio.

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