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Prima misura di Conte: sistemare Gentiloni commissario della Ue

Vince anche se perde. Dalla sconfitta alle primarie di Roma a Palazzo Chigi "per caso"

Prima misura di Conte: sistemare Gentiloni commissario della Ue

Vince anche quando perde e lo premiano anche se non gioca. Dei 5 stelle pensava: «Sono pericolosi come la Lega. Inquietanti». Da ieri, deve al M5s il suo nuovo incarico. E infatti, Paolo Gentiloni si è ricreduto nelle ultime settimane («Con il M5s non ci sono problemi insormontabili») perché, prima di trattare, accarezzava già la nomina a commissario europeo che ieri è arrivata, poche ore dopo il giuramento, e grazie ai ministri di Beppe Grillo, un altro che di Gentiloni ha sempre detto: «È il nulla!».

Per anni lo hanno creduto pure i suoi colleghi del Pd e prima ancora quelli della Margherita, tanto da chiamarlo «il fantasma», «l'estintore», «il grigio» e non perché lo sia, anzi, («Da ragazzi che giocavano a pallavolo, siamo diventati ragazzi che fumavano di tutto» ha raccontato Gentiloni), ma solo perché lo sembra: incolore per necessità. Da adolescente ha aderito al Movimento Studentesco di Mario Capanna. A vent'anni ha fatto il giornalista di Pace e Guerra con Luciana Castellina e Stefano Rodotà. Da uomo, si credeva avesse concluso la sua parabola come capo di gabinetto di Rutelli e la domenica a messa con Romano Prodi. E invece... Senza ambizioni e senza voti, senza qualità e senza vizi, Gentiloni, prima che questi anni impazzissero, sarebbe stato ricordato come uno di quei politici ordinari, capo della commissione della Vigilanza Rai, ministro delle Comunicazioni (2006-2008) e anche allora incoronato per modestia. Di eccezionale ha sempre e solo avuto il cognome Gentiloni, gli antenati (nobili), in pratica il passato ma, certo, non il presente. Portavoce, poi assessore al Comune di Roma sotto la sindacatura Rutelli (è stato l'organizzatore del giubileo), Gentiloni ha provato a emularlo. Nel 2012 si è candidato alle primarie del centrosinistra come sindaco di Roma, ma arrivò terzo. Gli sfidanti? Ignazio Marino e David Sassoli.

Oggi, con ragionevolezza, si può dire che fare il sindaco di Roma non porta bene, ma perdere le primarie a Roma porta invece benissimo. Sassoli è appena stato eletto presidente del parlamento europeo, Gentiloni sta per diventare, probabilmente, commissario agli Affari economici, ruolo di primissimo piano occupato da Pierre Moscovici.

E allora, o vede lontano o nessuno è più fortunato di Gentiloni. Alla prima Leopolda (2011), chi ha partecipato assicura che fosse l'unico, insieme a Realacci, ad averla presa sul serio. Il resto, si sa. Nel 2014, Gentiloni viene nominato ministro degli Esteri e non «perché conosce davvero le lingue», ma solo perché Lia Quartapelle era (ed è ancora) troppo giovane per l'incarico e perché Matteo Renzi vedeva traditori dappertutto. Due anni dopo, fu proprio Renzi, sicuro che da Gentiloni sarebbe stato garantito, a fare il nome di Gentiloni come premier («Tanto dura poco» disse). Diciamo che non ci ha preso così come con il referendum e che Gentiloni, alla fine, ha vinto un altro (il terzo) biglietto della lotteria.

Da ieri è il custode europeo di un governo che promette scintille, almeno a sentire il neo ministro, Francesco Boccia, («Il cammino è iniziato. Auspico un'alleanza Pd-M5s anche alle Regionali») e a vedere gli atti emanati dal primo Consiglio dei ministri, ovvero poteri speciali per il 5G. Vale a dire: mettere le mani sui contratti delle grandi compagnie telefoniche. Insomma, in Italia, solo a Lodi, dove è stata centrata la vincita più alta del mondo, c'è qualcuno più felice di Gentiloni. E qui, il dubbio sorge. E se fosse lui.

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