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Il modello emiliano di Errani: ignorare l'allarme sisma

Il neocommissario per il centro Italia 10 anni fa non intervenne nei comuni poi danneggiati nel 2012

Il modello emiliano di Errani: ignorare l'allarme sisma

Al telefono Vasco Errani, commissario ormai non più in pectore per le zone terremotate del Centro-Italia, è giustamente cauto. Dice: «Prima di pronunciarmi, debbo sapere di cosa parlare. Domani (oggi per chi legge, ndr) sarò a Roma e allora comincerò a capire meglio». L'ex governatore dell'Emilia-Romagna ha ragione ad essere, almeno per ora, prudente anche perché il cosiddetto «modello emiliano» non sembra così inattaccabile. Mi spiego meglio: nei giorni scorsi, il premier Renzi ha motivato la scelta dell'uomo politico di Ravenna - molto vicino a Bersani, in un clima di volemose bene in vista del referendum di novembre - con il fatto che Errani aveva ottimamente gestito il terremoto del 2012 in provincia di Modena e dintorni. È stato davvero così? Ha ragione Matteo o Guido Bertolaso, già numero uno della Protezione civile, che ha invece bocciato la nomina?

Sarebbe bastato andare a recuperare i giornali e le carte di quattro anni fa e magari ascoltare il sismologo Enzo Boschi, che abita proprio a Bologna, per rendersi conto che, almeno prima dell'evento sismico, non è andata proprio così, anzi. In effetti, già nel 1998, ben quattordici anni prima del terremoto emiliano, i Comuni poi colpiti dal terremoto erano stati considerati a rischio, ma il grido d'allarme cadde, allora, nel vuoto. Solo nel 2003, sull'onda dell'emozione per il sisma a San Giuliano di Puglia, venne emanato un decreto della presidenza del Consiglio con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della mappa delle zone più a rischio: in quell'elenco c'erano anche i Comuni emiliani. La Regione approvò la nuova classificazione, ma il decreto venne ignorato - così come un provvedimento governativo emanato nel 2006 - con le conseguenze che tutti sappiamo. Se la giunta presieduta da Errani fosse invece intervenuta subito ci sarebbe stato il tempo per intervenire in quei Comuni, inseriti nella seconda categoria di pericolosità, successivamente colpiti e affondati.

Ovviamente, dopo il disastro che colpì la Bassa (con 27 vittime), la Regione cercò di correre ai ripari, come sempre accade in questi casi, istituendo una Commissione chiamata con un acronimo «Ichese». Il rapporto venne consegnato alla Regione nel febbraio 2013 ma i risultati, chissà perché, furono pubblicati solo nel successivo aprile dalla rivista americana Science. Gli esperti, c'è scritto testualmente, «non escludevano», quasi per sottrarre responsabilità alla Regione stessa, che le estrazioni petrolifere potessero aver causato la scossa del 20 maggio. Un'ipotesi che ovviamente convinse pochi, a cominciare dagli stessi residenti nei centri terremotati, tanto che si ipotizzò il varo di una nuova Commissione per approfondire meglio la questione dell'oro nero. Errani, che non è un sismologo, non avrà certo responsabilità dirette sulla discutibile gestione di quel terremoto, ma, se tanto mi dà tanto, mi chiedo: è questo il modello emiliano?

Rileggendo quelle carte, ci sono anche altre sorprese. Un anno prima delle scosse nella Bassa, l'11 maggio del 2011, venne organizzato a Modena un convegno con l'obiettivo di snellire la normativa antisismica perché, secondo la Regione, quella in vigore finiva per frenare lo sviluppo economico di una delle zone più ricche d'Italia. Non solo dunque veniva disattesa la normativa nazionale che, come abbiamo visto, era in vigore dal 2006, ma si criticavano quelle classificazioni di rischio sismico perché ritenute troppo vincolanti. Salvo poi ricredersi completamente all'indomani del sisma del 2012. Ecco dunque nel 2013, il 5 luglio - quattordici mesi dopo il terremoto - andare in scena al Palazzo dei Congressi di Bologna, presenti funzionari che avevano già partecipato al seminario di Modena, un nuovo convegno dal titolo significativo: «Verso una nuova mappa della pericolosità sismica». Era giunto il momento di stringere i freni e correre tardivamente ai ripari. Poi, nella fase della ricostruzione dopo il terremoto, Errani non fece male, ma questo è un altro discorso.

Come si destreggerà adesso l'ex governatore dell'Emilia? Forse sarebbe stato meglio, come ha suggerito Salvini, nominare invece l'ex-commissario di Roma Francesco Paolo Tronca, un prefetto che ha già dimostrato con le emergenze capitoline di rispondere solo allo istituzioni e non ai partiti. Comunque, se i giochi sono già fatti, consiglieremmo al Vasco politico di telefonare subito ad un altro romagnolo doc, Alberto Zaccheroni, che allenava la nazionale di calcio del Giappone ai tempi del terremoto dell'11 marzo 2011 con epicentro Fukushima.

Gli potrebbe spiegare, per filo e per segno, cosa hanno fatto nel Sol Levante dopo quel sisma: più del «modello emiliano», qui ci vorrebbe il «modello nipponico».

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